CHICAGO: II
Album diviso in quattro lati questo secondo album dei Chicago. Premetto che se non hai il codice di accesso, il primo ascolto di questo lavoro ti risulterà alquanto difficile! Spaventa vedere un elenco di n. 23 tracce musicali. E siccome ho paura che tu, italiano medio, ti avvicini e poi subito ti allontani, privandoti di un grande piacere di ascolto, di alta qualità del suono, ti voglio aiutare. La password per il Login è "25 Or 6 to 4".
E’ nel cuore della notte, seduto sul pavimento, la stanza che gira, luci nel cielo, occhi chiusi, Robert Lamm il tastierista, sta provando a scrivere una canzone, ma purtroppo nulla gli viene in mente. A volte non sono le parole ciò che conta, ma lo sono i suoni! Lo diceva anche il nostro cantautore italiano incompreso: E si c’è sempre qualcuno che canta IL NIENTE! E Lamm qui non dice proprio nulla. Racconta solo quello spazio temporale – 25 o 26 minuti prima del mattino – nel quale aspettava di trovare qualcosa da dire. La forza di questa canzone, diventata ormai indelebile e forse una delle più famose dei Chicago, è proprio il riff iniziale e la progressione di accordi su cui si costruisce. Riff che ti porta ai Green Day con ‘Brain Stew e, progressione di accordi che richiama le precedenti, ‘Babe I’m Gonna Leave You (Led Zeppelin) e/o ‘While My Guitar Weeps (The Beatles). Sorprendente l’assolo di chitarra di Terry Kath! Si racconta che in un live del 1970 in prima fila tre ragazzi in piedi tenessero a portata di mano degli estintori, nel caso in cui, la chitarra di Kath, avesse preso fuoco! Il potere divino(?) quasi ad evocare il soprannaturale Hendrix che diede fuoco alla sua Fender Stratocaster, e tra l’altro dichiarò di essere fan del chitarrista dei Chicago. Solo ora ti puoi permettere di accedere al primo lato con "Movin In". Ti immergerai in un suono ricco e pieno, un suono naturale: voce e strumenti sono bilanciati tra i diversi altoparlanti. Introduzione brillante scritta da James Pankow. I Chicago hanno la capacità di instaurare un collegamento primordiale con l’ascoltatore (lo fecero anche con il primo album). Anche qui ti invitano: “vieni e ascolta, sentirai una gioia che non perderai mai, (e poi più in generale) per favore ascoltate”. Sassofonista e trombettista ti prendono per mano, la voce black di Terry Kath è piena di sentimento. Accordi al piano malinconici per l’inizio di "Poem for the People”, poi l’ingresso della sezione fiati; il tutto ha un aspetto molto classico, finchè non entra in scena la voce di Lamm, e la batteria di Danny Seraphine, che porta un aggraziato ritmo di rulli. In sordina le scale della chitarra sono qualcosa di magnetico! "In the Country" è un inno alla vita in rhythm and blues, caratterizzato da due voci (Terry Kath/Peter Cetera) e due strumenti (chitarra/basso), che si alternano in dinamiche musicali solari, armonizzate da fiati e cori gospel. E’ una chimica ben dosata che entatizza un viscerale amore per le cose semplici e naturali della vita come una passeggiata in campagna, la luce del sole, il cantato di volatili, il profumo della natura, le increspature dell’acqua di un fiume, etc. “Sto parlando della vita e del vivere. Lascia che ti dica ora Ti amo, Ti amo, Ti amo, Ti amo. La mia anima sta danzando. Grazie signore, ed io mi sento così libero!”. E qui il sound, anche se meno ritmato, mi ricorda "Movin ‘On Up", sigla televisiva dei Jefferson e la libertà mi riporta alla luce l’immagine delle movenze di George che balla da dio, come un forsennato!
Inizia il secondo lato, il mini-album nell’album. "Wake Up Sunshine" è la semplicità: la canzone pop, vivace, spensierata. Molto ispirata a The Beatles. Ritmo sincopatico armonizzato da cori, un mix di voci da Beach Boys e poi l’assolo di trombone di Pankow, ad eguagliare la strabiliante sezione di fiati dei Blood, Sweat & Tears. “Sole, sole, devi svegliare la ragazza”. Quel “svegliare” è il volere di James Pankow, il suo tentativo di “aprire gli occhi” di Terry, ragazza che frequentava al College in Virginia a Buckhannon. La traccia fa da sigla al piccolo cortometraggio della durata di circa 12 minuti, suddiviso nelle successive sette canzoni, in parte cantate e in parte strumentali, tutte riconducibili alla passione per la musica classica di Pankow. E’ detto ‘Balletto per una ragazza a Buckhannon. "Make Me Smile" è adrenalinica con l’assolo di chitarra di Terry Kath e le SUE URLA, MALEDETTAMENTE NERE: “Sono così felice...(oh oh) che mi ami (oh oh), la vita è bella (oah) quando sei vicino a me” – è uno dei passi più celebri del chitarrista dei Chicago! Dalla contentezza allo sconforto in "Anxiety’s Moment", è il potere della musica! Le tre parti strumentali sembrano proprio rappresentare in melodia gioia e dolore, fantasie, speranze e consapevolezze. Dolcissima "Colour My Word" con tastiera e fiati, un ritmo a segnare il passare del tempo, è un METRONOMO (Occhio che se sbagli tempo non ti aspetta). Come uno strumento di misura, sembra riprodurre battiti per minuto, sta a te tenere il ritmo corretto per poter condividere i nostri momenti insieme. “Terry colora il mio mondo con la speranza di amarti”, Parker ha preso una carreggiata a senso unico! Ed è con "Now More Than Ever" che ritorna per un attimo l’intensità di "Make Me Smile", in musica e parole “Dimmi che rimarrai, fammi sorridere”.
Il terzo lato è il lato sperimentale dei Chicago, dal jazz-rock all’orchestrale. I sette musicisti si trasformano in una vera e propria orchestra sinfonica: ognuno collabora all’esecuzione della composizione, rimanendo ognuno al proprio posto. Sembrano essere guidati da un maestro surreale! Questa sensazione compare in "Fancy Colours" e poi si concentra nei 9 minuti di "Memories of Love" con le sue parti "Prelude", A.M. Mourning", "P.M. Mourning", tutte strumentali e con i vivaci timbri di flauti e clarinetti di Walter Parazaider. Si raggiunge l’apice del sentimento con la specifica "Memories of Love". Voce calda, il trombone di James Pankow ti culla, i fraseggi di silenzi riempiono il vuoto. Gli ottoni di portano in un percorso alternativo, quasi fiabesco. E’ un giovane a cantare. Sta pregando sul letto di morte della sua metà: “Il Signore l’ha presa e tutto ciò che resta da pensare sono i ricordi di amore”. Tu ascoltatore, concentrati sul tempo, sugli spazi, che qui, come nel testo di un libro, sono parole che continuano un discorso. A me, personalmente, ricorda il suonatore Jones, per il vento di poesia che porta; è un po’ come stare su quella collina. Il quarto lato è un rimando a qualcosa già menzionato sul finire del primo album come i canti di manifestanti nel periodo del ’68. Un ritorno alla politica per i Chicago e musicalmente un ritorno alla “band rock and roll con i fiati”. Quattro tracce con un unico titolo "It Better End Soon". La composizione è di Terry Kath, che ripropone il suo spirito elettrico alla Hendrix. “E’ meglio che finisca presto. Non più morire, non più uccisioni, non più morte, non più combattimenti, non vogliamo morire. Amiamoci l’un l’altro. Domande che i giovani d’America si stavano ponendo sulla guerra in Vietnam. Nel LP è presente una dedica di coscienza politica. “Con questo album dedichiamo noi stessi, il nostro futuro e le nostre energie al popolo della rivoluzione. Rivoluzione in tutte le sue forme”. Davvero spettacolare questo quarto lato, ma purtroppo forse solo per pochi eletti! E qui musicalmente non vi voglio anticipare nulla, se siete arrivati a questo lato allora significa che avete nelle corde il piacere ad una sana rivoluzione! Ora, resta solo da chiedersi "Where Do We Go from Here"?
P 1970 Columbia Records
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