VRAZORTH: Emergence

L'ennesima band che si classifica come "cosmic black metal" rispetta anche alcuni chichè del genere, come l'anonimato del suo unico artefice. Ogni band che si rispetti che suona black metal con riferimenti testuali e non al cosmo non può non menzionare gli svizzeri Darkspace nella propria presentazione, un fatto che il più delle volte (ed è anche questo uno dei casi del genere) si rivela essere un autogol, essendo gli allievi il più delle volte lontani dalle vette dei maestri. Vengono menzionati anche i Mysticum e i colleghi di label Mesarthim fra i riferimenti e per fortuna l'irritante eclettismo di questi ultimi rappresenta una presenza sporadica e nel complesso irrilevante. La presentazione è magniloquente e francamente fuori posto. I brani configurano un buon black metal, melodico ma non troppo, atmosferico ma senza l'angosciosa meccanica disumanità dei Darkspace con misurati inserti tastieristici che per fortuna, anche laddove risultano un po' atipici per il genere, non sono fuori posto come spesso nel caso dei Mesarthim. Questa sommaria descrizione presenta in maniera efficace quasi tutte le tracce dell'album, che risultano in questo senso molto più convenzionali di quanto l'artista o la sua casa discografica suggeriscano. Non bastano titoli intriganti ma verbosi come "Shadows Cast Upon A Stellar Veil" e "Tracing Echoes Of Forgotten Quasars" per fare dei brani delle composizioni altrettanto accattivanti. I Darkspace per altro, non si sono neanche mai presi la briga di nominare le proprie tracce, che sono unicamente provviste di numeri ordinali, la musica nel loro caso parla abbondantemente per se. Fa parzialmente eccezione la conclusiva "Warping The Chronicle" che, almeno strutturalmente, nel corso dei suoi diciassette minuti permette ai Vrazorth di dimostrare di avere probabilmente qualcosa di più da offrire di quanto visto nei precedenti brani, della durata per lo più fra i sei e gli 8 minuti. Un lavoro non male, ma lontano dall'enfasi e dalle pretese con cui è descritto