OUTSIDER: NOIR
data
19/12/2007Gli Outsider sono un gruppo particolare dedito ad una proposta fuori da ogni logica di mercato e che utilizza una strumentazione ancor meno in voga(vibrafono, e rhodes, per dire). Tanto per dire subito che "Noir" prende le distanze da qualsiasi approccio moderno per affondare le proprie radici in un concetto musicale a sé stante. Prendete la vena da cantastorie di Tom Waits, quella cantautorale di Conte e l'irriverenza lirica di Buscaglione ed otterrete il perfetto concentrato sonoro che sta alla base del disco. La voce recitante di Paolo Mele è indubbiamente l'aspetto vitale di "Noir", è un discanto ben orchestrato e capace di interpretare tutte le sfumature delle liriche come se fosse su un vero palcoscenico. Bizzarro e teatrale. A questo fa da sponda la parte strumentale perlopiù swingata e jazzata assolutamente priva di sezione ritmica e di altro strumenti a corde. Forse questo, in parte, rappresenta anche il limite del disco considerata la lunghezza dei brani senza che questi possano godere di una variante sia esecutiva, sia prettamente stilistica. Ed alla lunga i brani ne risentono in longevità. Buona, invece, l'intenzione di dare fiato all'io narrante con brani come "Sometimes", ma allo stesso tempo meno buona la prova vocale di Mele il quale, distante dal suo stile, non riesce ad imprimere la stessa forza espressiva come quando si presta alla recitazione. Le liriche funzionano, non sfruttano stereotipi e nella loro versione "pulp" strappano più di un sorriso(a tal riguardo strepitoso il booklet). Tutto sommato "Noir" è un disco riuscito a grandi linee ma che stenta a decollare a causa di una eccessiva stilizzazione che ne pregiudica le potenzialità. E considerata l'autoironia di fondo è un vero peccato non si possa scrivere di meglio di un CD che nel bene e nel male riesce anche a farsi piacere.
Commenti