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NOVEMBRE: MATERIA

data

06/05/2006
83


Genere: dark/gothic
Etichetta: Peaceville
Anno: 2006

Ne hanno fatta di strada i Novembre dagli inizi degli anni '90 quando il Verbo era rappresentato dalla musica dei Carcass. Quattro album, uno più bello e significativo dell'altro ci hanno accompagnato e fatto conoscere questo formidabile gruppo romano, che ha saputo miscelare in maniera del tutto personale death, gothic e doom in un'unica soluzione altamente melodica e d'impatto. 'Materia', il nuovo album e primo sotto la leggendaria Peaceville, riprende quindi il filo conduttore del precedente album 'Novembrine Waltz' del 2001 (tralascio volutamente 'Dreams d'Azur' che pur essendogli successivo di un anno è una riedizione del primo album) in modo più perfezionato puntando quasi tutto sulle magnifiche atmosfere malinconiche e "lontane" che le undici canzoni dell'album ci permettono di vivere; è doveroso annunciare che le parti prettamente aggressive, già parecchio smussate nel precedente album, su 'Materia' sono state ulteriormente ridotte all'osso e posizionate in vari punti strategici delle canzoni dove era strettamente necessario. Noterete quindi fin da subito che il cantante Carmelo Orlando utilizza il cantato pulito per il 90% della durata dell'album, i blast beats e le sfuriate di doppia cassa del fratello Giuseppe sono quasi un ricordo lontano, ma le chitarre riescono a creare veramente qualcosa di magico e altamente evocativo ed emozionale, come solamente i grandi maestri Opeth e Katatonia sono riusciti a creare in questi ultimi anni di attività. Sicuramente a ben udire non è difficile sentire una lieve influenza dei connazonali Klimt 1918 nelle parti più gothiche ed atmosferiche (i fratelli Orlando vi hanno suonato come ospiti per un certo periodo) ma essenzialmente 'Materia' sebbene indirizzato alla melodia mantiene pur sempre il marchio di fabbrica dei Novembre. L'opener "Verne", o "Reason", "Acquamarine" o "Geppetto" sono autentici capolavori in grado di suscitare fortissime emozioni nell'ascoltatore, come se gli si mostrasse dinnanzi agli occhi le immagini di un malinconico tempo passato il quale, si sa bene, non tornerà mai più. Nei testi di questo album Carmelo utilizza moltissimo la lingua italiana quasi a voler ribadire una sorta di autoctonìa musicale, comunque il risultatato a ben vedere è altamente positivo perchè le composizioni guadagnano in musicalità e ad un orecchio estero darà sicuramente un senso di mistero. Produzione e grafica semplicemente perfette (la prima ad opera dei The Outer Sound studios del batterista Giuseppe, la seconda merito del solito Travis Smith) non fanno altro che impreziosire ancora di più un album già di per sé inestimabile, come la musica e le sensazioni contenute in esso.

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