MICHAEL SCHENKER FEST: Resurrection
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27/03/2018E' sempre un grande piacere per noi avere a che fare con un personaggio quale Michael Schenker, uno dei non molti chitarristi in grado di coniugare talento e capacità compositiva, con un gusto per gli assoli unico, sempre ricchi di fascino e con una capacità di piazzare la nota al posto giusto nel momento giusto difficilmente riscontrabile nei suoi illustri colleghi; la sua carriera negli Scorpions (a fianco del fratello maggiore Rudolf), poi negli UFO, successivamente negli MSG (sia come Michael Schenker Group che in seguito con il McAuley Schenker Group), sono la reale testimonianza di quanto appena espresso, tuttavia il percorso artistico di Michael non è sempre stato rose e fiori: un carattere non dei più facili nonchè la dipendenza dall'alcool e dalla droga lo ha portato sull'orlo del baratro, ma come accade a coloro che hanno la scorza dura, ha trovato la forza di rialzarsi e di ripresentarsi sulle scene con lavori apprezzabilissimi, tra cui questo 'Resurrection', un titolo che è tutto un programma. Schenker dimostra subito fin dalle prime battute che può ancora giocarsi le sue carte, e l'opener "Heart And Soul" ci aggredisce con veemenza mettendoci con le spalle al muro, ottimo il dialogo serrato con Kirk Hammett nei fraseggi, così come "Night Moods" con il sempiterno Graham Bonnet a rimandarci indietro nel tempo nel periodo di quell'Assault Attack' tutt'ora uno dei vertici della nutrita discografia dell'axeman teutonico. Strepitose sia l'anthemica "Warrior", sia in particolare "Take Me To The Church" con quell'aura di commovente religiosità conferita dagli splendidi inserti di hammond. Alla festa partecipano tutti i vocalist degli MSG, con l'aggiunta di Doogie White e ciascuno si ritaglia un proprio spazio fornendo un contributo prezioso per la riuscita finale del prodotto. "Everest" e "Messing Around" sono esempi di hard rock più di stampo americano dall'andamento spumeggiante, di certo derivativo, ma in grado di ben figurare, così come "Time Knows When It's Time" in cui i toni si alzano nuovamente. La parte finale non offre particolari elementi di variazione, i brani si presentano ricchi di coralità (nella conclusiva "The Last Supper" partecipano tutti i vocalist), rispettando la tradizione classica di un sound immarcescibile e ricco di espressività di cui Michael ne rappresenta il vero garante.
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