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MARDUK: WORMWOOD

data

14/09/2009
88


Genere: Black Metal
Etichetta: Regain Records
Distro:
Anno: 2009

Sono passati soltanto due anni dal fantastico 'Rom 5:12', e riecco i Marduk tirare fuori un altro disco pieno d’odio, e bastardo fino al midollo. Trovato il batterista mancante nella persona di Lars Broddesson (che non ha mai ricoperto un vero e proprio ruolo alla sua altezza), il quartetto svedese tira fuori delle fucilate inaudite tra velocità e tecnica. Ancora oggi tante persone sono rimaste arretrate mentalmente, ritenendo solo le prime produzioni le migliori, considerando quindi finita la band, dalla pubblicazione di 'Panzer Division Marduk' in poi. All’uscita di 'Rom 5:12', la critica tentennava: voti positivi e negativi a destra e manca, tentennamenti, indecisioni. Insomma: ma 'sto nuovo corso dei Marduk vi piace o no? Innumerevoli dubbi sorgeranno ovviamente anche con questo nuovo lavoro, vista la varietà di suoni presenti, ma è pur vero che ormai siamo abituati agli inutili commenti di chi ormai fa quasi finta di preferire altro. Preferisco il nuovo corso della band, in cui almeno posso ascoltare ogni volta qualcosa di nuovo, piuttosto che le solite bands black metal che fanno della staticità il loro credo. Wormwood è un disco camaleontico e brutale. Nei suoi tre quarti d’ora di durata, gli svedesi viaggiano tra la già loro saputa velocità d'esecuzione, in pezzi come l’opener, il primo singolo ("Phosphorous Redeemer", tra vecchi e nuovi Marduk), "This Fleshly Void", e "Into Utter Madness". In ogni singolo brano, così come per l’intero cd, il singer fa capire solo quanto sia superiore. La sua espressività e teatralità, gettata in ogni performance, è qualcosa di spettacolare appunto. E almeno per quanto mi riguarda, lo preferisco cento volte a Legion. Argomento chiuso. 'Wormwood' è come Cerbero, bestia infame dalle tre teste. Una rivolta verso il passato, con brani veloci, senza troppi orpelli stilistici, come quelli già descritti poc’anzi. La seconda rivolta al presente, violentando il passato con metriche doomish a là "Imago Mortis", come in To Redirect Perdition". E infine la terza testa, quella più coraggiosa, dove imperversano i breaks, uno dopo l’altro ("Whorecrown"), o corredati da finali epici ("Chorus Of Cracking Necks"). Un disco violento come questo, viene infine intervallato dapprima con una nuova strumentale sulla falsariga di "1641", tutta in spoken, poi con la marziale "Funeral Dawn" (marziale e a tratti ipnotica), e la chiusura affidata a "As A Garment", che come un vestito, appunto, disegna il drappo di morte con suoni tetri di perdizione.

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