LA FIN: The Endless Inertia
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13/10/2020A seguito dell’EP ‘Empire Of Nothing’ del 2016, i milanesi La Fin hanno iniziato a farsi largo con discreto interesse all’interno del magma composto da realtà post-metal/post-hardcore che l’Italia e non solo stava creando. Traendo frutto da quell’esperienza, e facendo tesoro degli spunti che questo sottogenere del metal stava facendo germogliare, ecco che il sestetto meneghino, grazie al supporto della sempre presente e attiva Argonauta Records, mette a segno il debutto sulla lunga distanza. ‘The Endless Inertia’ intende scoprire come la mente umana possa sopportare le continue forze esterne, uguali e contrarie, che la attanagliano. Attraverso differenti punti di vista, testimoniati dai titoli dei brani, il tutto si concentra infine sul concetto di “inerzia”, che può rappresentare una sensazione di movimento passivo svolto in maniera apparentemente tranquilla, ma che è frutto proprio delle continue scosse che l’uomo subisce. I La Fin danno corpo concreto e poderoso a queste scosse, realizzando nel complesso un album dal forte impatto sonoro, dove soprattutto il trittico di chitarre formato da Michele Banfi, Loris Laugelli e Lorenzo G. Ruggiero crea continui muri sonori di chiara possanza. Questa creazione si poggia su fondamenta ritmiche piuttosto solide, dove la batteria di Riccardo Marino si destreggia su buoni livelli. A ricoprire al meglio questo forte lavoro chitarristico, come una glassa che ricopre lo spesso strato di torta, è la voce di Marco Balzano, a cavallo tra growl deciso ma mai troppo estremo, e parti pulite dalla chiara componente atmosferica. I riferimenti musicali risultano essere molteplici, e possono andare dai Cult Of Luna agli Amenra; quella frangia, quindi, dedita a costruire musica che unisca riflessione perpetua e sferragliate implacabili. L’inizio dell’album risulta ottimo sotto l’aspetto della vera e propria introduzione verso il mondo post-metal dei La Fin; il leggero riff poco più che accennato di “Inertia” lascia poi spazio alle urla di Balzano, e quindi all’apoteosi sonora precedentemente sottolineata. I decibel e le frequenze cardiache si alzano ulteriormente con “Zero”, per poi mantenere un certo equilibrio comunque di forte vigore con le tracce seguenti, con “Repetita” e in particolare con “Disembody”, che parte con un drumming assolutamente virtuoso e che si sviluppa poi con il classico post-metal denso di sfogo strumentale. Interessante, infine, la conclusiva “Eulogy” (solo omonima del famoso brano dei Tool), con una parte introduttiva di spoken words registrate, che testimonia il rispetto della band anche per soluzioni più affini al post-rock atmosferico, per poi entrare in un campo pieno di varie sfaccettature sonore, completando un album che farà sicuramente proseliti tra gli ascoltatori più fedeli di questo genere. I La Fin hanno svelato le carte in tavola, e sono carte promettenti per future soddisfazioni.
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