JON OLIVA'S PAIN: FESTIVAL
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24/02/2010Chi sia Jon Oliva e quale sia la sua (lunga) storia nell'universo metal e rock sono nozioni che tutti voi lettori di Hardsounds dovreste ben conoscere, il nome Savatage basta a ricordarle ai più smemorati. La gloriosa vicenda di questo gruppo che ha segnato la storia sia del metal tous court che delle metal-rock-opere si è interrotta nove anni fa con l'ultimo lavoro in studio 'Poets And Madmen' (che vedeva il ritorno del Mountain King dietro il microfono in pianta stabile, cosa che non accadeva dal 1991). Dopo tale data le voci sulla possibile reunion dei componenti della band (produttore compreso) si sono rincorse più volte e, pare, attualmente si stiano concretizzando in una serie di uscite per il mercato discografico: doppio best, riedizione arricchita e rimasterizzata di 'Poets', nuovo album. Dal 2001 dicevamo, le strade dei vari membri dei Savatage si sono divise, riunendosi di tanto in tanto nel famoso (e più remunerativo) progetto Trans-Siberian Orchestra dell'onnipresente produttore-autore Paul O'Neill (cinque i lavori prodotti sino ad ora), dando vita a diversi altri lavori tra in quali spicca sicuramente quello del leader maximus Oliva. I Pain (poi ribattezzati con l'aggiunta del nome del cantante/pianista/autore per questioni legali) dal 2004 e con svizzera cadenza biennale hanno sfornato quattro albums continuando quel percorso iniziato nel lontano 1983 dei fratelli Criss e Jon Oliva. Con 'Festival' i suoni si appesantiscono ancora di più tanto da rendere l'album il più metallico dai tempi di 'Dead Winter Dead'. Non mancano certamente gli intrecci di cori, le orchestrazioni e le soluzioni progressive tipiche del sound di Oliva ma, complice un cantato mai così aggressivo e smaliziato ed un alta percentuale di pezzi tirati in rapporto alle ballads, il lavoro si presenta nel suo complesso più oscuro dei precedenti. Come al solito, trovandoci di fronte ad un artista che ha segnato così profondamente il genere che quotidianamente trattiamo, risulta difficile elogiare il valore di un pezzo rispetto ad un altro: il quarto lavoro della band va assaporato più volte dall'inizio alla fine. Personalmente rimango sempre colpito dalla capacità d'inserire strutture prog all'interno anche dei prezzi più scontatamente heavy metal e dal talento interpretativo oltre che vocale di Jon Oliva che si abbandona alla malinconia della song di chiusura, "Now" , che, pur non raggiungendo le vette di "Believe", "Alone You Breathe" o "Anymore", sa farsi amare già al primo ascolto. Lodi a tutti i componenti del gruppo che, negli anni, hanno dimostrato quanto questa fosse più una vera band che un progetto volto a soddisfare il bisogno di far musica del Mountain King.
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