HOGS: Hogs In Fishnets
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09/09/2015C’è stata, fino a qualche annetto fa, una band di Firenze chiamata Macchina Ossuta, dedita ad una concezione del rock come sintesi tra canzone elettroacustica e ricerca sonora contemporanea. Da quella band, tre suoi membri iniziano poi a comporre dei pezzi finalizzati ad essere interpretati per un trio. Da questa decisione sono nati gli Hogs, formata da musicisti con della rispettabile gavetta di parecchi anni alle spalle. Stiamo parlando del leader Francesco Bottai alla chitarra, che ha passato una lunga carriera da turnista per artisti come Irene Grandi e Articolo 31, nonché ex militante negli Ustmamò; del batterista Pino Gulli, con una carriera pressoché quarantennale, ma che gli appassionati di musica indipendente italiana conosceranno senz’altro essendo stato tra i membri della formazione originale dei C.S.I. prima, e dei P.G.R. poi; e poi del bassista Luca Cantasano, attualmente nelle fila di una storica band dell’onda new wave e del rock alternativo italiano, quali sono i Diaframma. Si sono formati con lo scopo principale di suonare e divertirsi, e con l’aggiunta del giovane vocalist Simone Cei incidono 'Hogs In Fishnets', album di debutto sotto il nome di Hogs e prodotto dalla Red Cat Records, con Cei nelle panni anche di autore; infatti, insieme a Bottai, è il principale scrittore di tutte le liriche e le musiche dell’album. Gli Hogs propongono un rock senza troppi pensieri e senza prendersi troppo sul serio, come già il titolo dell’album e la copertina lasciano presupporre. Una copertina dove sono raffigurate quelle che sono le predilezioni principali della band, e credo non solo della band ma di qualunque persona abbia a che fare con un certo stile di vita che si avvicini al rock. Venendo alla struttura dei brani che compongono l’album, questo si compone di due parti, come descritto tra le pieghe dell’album stesso. Una prima parte (“Funky Side”) in cui fa capolino un approccio rock tutto sommato melodico e non particolarmente duro, tendente a ritmi funkeggianti; in questa porzione si possono addirittura ricordare assaggi di Police, soprattutto in un brano come “Lay Me Down And Pretend”. E si toccano anche ritmi più sognanti e tranquilli, dove la band sguinzaglia i suoi “Lots of Butterflies” creando un’interessante armonia. Nella seconda parte (“Hard Side”) i suoni leggermente si induriscono, ma mantengono comunque un indole che va dal blues al rock’n’roll, passando per il funk con venature anche progressive; “Behind The Eyes Of A Fool” è un interessante esempio di come queste influenze possano essere amalgamate con buoni risultati. La sferzata verso lidi più propriamente hard rock la si può identificare in forse solo in “Dance On Rock”, un pezzo in cui musiche e testi (che mantengono comunque una certa melodia) non badano a molti fronzoli e svelano il lato della band più caciarone e casereccio. Le due parti si somigliano in varie circostanze, sia per le musiche composte, che per le tematiche trattate nei testi, che parlano complessivamente di come la vita vada avanti e si evolva in meglio o in peggio a seconda delle situazioni; di come gli amori vanno e vengono (soprattutto vanno…), e come provare a reagire. Nel complesso, un album buono di una band che dimostra di saper suonare con gusto e voglia di divertirsi assieme, senza troppe pressioni e senza la smania di dimostrare di essere chissà chi, e con un’interpretazione vocale di Simone Cei sicuramente di valore. È un lavoro che però sembra poter confinarsi in ambienti che non siano quelli del grande pubblico e delle grandi locations. Ma forse è anche questo l’obiettivo che gli Hogs vogliono raggiungere con quest’album: un lavoro da poter assaporare in contesti che non siano diversi dai tipici locali in cui si beve una buona birretta in compagnia, e che abbiano all’interno un piccolo palco ed una strumentazione adatti a fare da buona compagnia nelle serate tra amici.
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