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GARLANDS: Turn The Sky

data

07/06/2024
75


Genere: Dreampop, Shoegaze
Etichetta: La Pochette Surprise
Distro:
Anno: 2024

I Garlands sono un duo tedesco all female di recente formazione e che si è avvalso di numerosi collaboratori per questo disco. Si tratta di un mix di shoegaze e dream pop. Ascoltando il disco i riferimenti musicali della band vanno vanno alle Lush, Throwing Muses e ovviamente ai Cocteau Twins, anche se la voce della Frazer è ben più acuta mentre questa è più calda e dark. Non a caso il nome della band richiama alla memoria il fondamentale disco della storica band britannica. Il brano di apertura, la title track,  è piuttosto monocorde, fondato su un riff di base e in cui si ricorre spesso alla sovrapposizione delle voci femminili del duo. Atmosfere eteree e sognanti pervadono comunque l’intero disco, con begli arpeggi chitarristici, debitori della new wave e dello shoegaze, come ricordato prima, ma anche della psichedelia anni ’60: due esempi sono “Polar Zones” e “Dark Matter”, quest’ultima una specie di danza macabra piuttosto lenta e ossessiva, basata sulla ripetizione di un giro ritmico tutto sommato semplice ma ricco di effetti sonori stranianti. “Condor” ricorda i My Bloody Valentine del seminale ‘Loveless’: tappeto sonoro essenzialmente fatto di rumorii assordanti che stridono rispetto alla voce suadente della cantante. La fonte di ispirazione sarebbe il film di Sydney Pollack “I Tre Giorni Del Condor”, con la memorabile interpretazione di Robert Redford. Ho trovato assai gradevole la conclusiva “Mark’s Song” perché, dopo un inizio piuttosto lento, esplode in un mare di suoni sovrapposti, flauti, chitarre e synth, per una lunga parte musicale che manda letteralmente in ipnosi l’ascoltatore attento. E’ un brano dedicato alla memoria di un batterista con cui suonava Sui Kemmer, una del duo che compone i Garlands. Certo, ad ascolto concluso di tutto il disco resta però una impressione di somiglianza dei brani, per cui lo avrei almeno rimaneggiato di qualcuno per renderlo più snello e poi tutte queste influenze sembrano talvolta un po’ forzate. Nel complesso un buon risultato, ma nessun miracolo musicale.

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