FURZE: The Presence...
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10/11/2018Astrattismo un po’ sgembo, cupo e geniale a tratti per strutture, quello del norvegese Woe J. Reaper, protagonista del progetto Furze. Momenti di acustica essenza si alternano ad un freddo e minimale black metal. Martellante a tratti e poi più vicino al concetto di doom rock, il sound dell’artista si fregia di un comparto vocale poliedrico, unitamente a sviluppi inaspettati in più punti del disco. Il classico ed incontrollato bestiale sentore di old school, approccio a metà tra il black ‘n’ roll e un più vetusto doom, si intreccia a dissonanze avanguardiste, chitarra “sghimbescia” che caracolla minimalmente, senza dare effettivi riferimenti. Un sound ruvido e sofisticato al contempo, bellezza impolverata che si muove tra la nebbia, spunti di electro ed effetti che baluginano nel buio per poi pulsare, ma senza abbagliare. Il disco prosegue prendendo materia prima dei vari filoni, mescendo poi il tutto in una sorta di grottesca rappresentazione di sé, risultando però fresco e personale. I limiti dettati dalla presenza di un unico interprete, diventano per assurdo punto di forza, genuinità che si improvvisa, con efficacia, folle e stimolante. In più passaggi l’elementarità dell’intelaiatura dei brani è palese, ossimoro però di una sontuosità di configurazioni dei suoni. L’aspetto che lascia maggiormente senza fiato è la capacità di diversificare via via i pezzi, lasciando però tutto decisamente schietto, magma che scorre e prende, dal ventre della terra, l’entità plasmata per creare ogni realtà. Considerando che siamo alla settima fatica in studio e che Woe è attivo, con appellativi diversi, dal 1992, risulta ancor più incredibile tale freschezza di intenti. Auspichiamo che Furze proceda così anche in futuro, band da scoprire e sviscerare in tutte le sue sfumature. Nenia si perde in uno specchio d’acqua, cerchi concentrici che via via scompaiono infrangendo immagini di noi ormai lontane, icone che riaffiorano da un nero e silenzioso gorgo. 'The Presence…' incarna quella febbrile scoperta di progetti passati quali Tormentor e Celti Frost, paragone scomodo che vi deve però far comprendere l’espressività e complessità di Woe J. Reaper.
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