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ELDER: Innate Passage

data

03/12/2022
80


Genere: Psych/Stoner/Prog Rock
Etichetta: Stickman Records
Distro:
Anno: 2022

Difficile etichettare i bostoniani Elder causa le loro diverse proposte di stoner doom caratterizzate da lievi citazioni di riff anni ’70, che hanno giocato con il prog come mezzo (anche se il progressive è altra storia), per affinare la loro psych music, e trovare un connubio tra psichedechelia e desert/stoner. Fanno qualche passo indietro nel tempo, e precisamente al terzo bellissimo album ‘Lore’ (2015), in cui ponevano le prime basi a quelli innesti stilistici progressive, di cui ora ne miscelano l’essenza prog, e forse anche aiutati dalla loro stessa line up a quattro, già collaudata nel precedente ‘Omens’, più variegata rispetto al passato, riescono a creare atmosfere su atmosfere, a strati, dando più importanza alle melodie e alle linee vocali (finalmente poste su un livello sonoro superiore). Le tracce sono per identità lunghe e volutamente tortuose, alla base granitiche, ma scorrono in modo fluido, creando perfette armonie liquide con parentesi imprevedibili. E probabilmente è proprio l’artwork di copertina ad anticipare questo pensiero: ci riportano al 2015 con un’immagine simile, ma nel 2022 questa calotta sferica sembra avere un varco e dalle pareti infuocate! La musica degli Elder del sesto album è un "legato"! Avete mai pensato ai concetti di legato/staccato (nella musica e perché no, anche nella vita)? Il potere della musica è noto da millenni, e non si fatica a scoprire nuovi insegnamenti di musicoterapia. La loro è una composizione legata, una melodia cinetica: ha un ritmo ben definito, non staccato, percussivo o a sobbalzi, ma fluido e progressivo, in grado di riportare grazia ai movimenti, in grado di rendere più sciolto il flusso delle percezioni, del pensiero e del sentimento. Un neurologo la definirebbe come una cura alla balbuzia cinetica, un rimedio per quei pazienti, il cui passo, il flusso ritmico è compromesso, e di conseguenza l’automatismo è perduto. Per loro, ma anche per tutti noi (veterani quotidianamente intrappolati in vortici non facilmente gestibili) esiste una musica, come quella degli Elder, in grado di riabilitare, da collaudare come sottofondo heavy/armonioso alla quotidianità, per garantire (senza alcun farmaco o droga) una beata facilità ad agire: una sorta di stimolante sottocorticale in grado di accompagnare e di animare la spontaneità. ‘Innate Passage’, con il suo rigore e la sua spazialità, con la sua struttura metrica del ritmo, e con il suo libero movimento della melodia, diventa sinuoso e vivo di momenti, di profili e di traiettorie che avanzano piano piano e poi ridiscendono, volontariamente intenzionate a perseguire un unico obbiettivo: trovare libertà nella propria melodia cinetica. A mio giudizio è il loro progetto più equilibrato, e spero comunque di essere piacevolmente e nuovamente, sorpresa prossimamente; d’altronde il talento degli Elder sta proprio nella loro capacità di meravigliare! Ti sorprendono quando, dopo un continuo sonoro distorto delle corde inseriscono fraseggi di chitarra acustica ("Catastasis") lasciando da solo lo strumento (anche solo per un attimo), o quando abitualmente ripropongono quel lieve riff dei padri del rock, provate a cercarne uno in questo album. (Scusate, ma io non posso fare a meno di richiamare “Compendium” in 'Lore' come un velato omaggio ad “Immigrant Song” dei Led Zeppelin). Ti sorprendono quando sovrascrivono a strati (“Endless Return”), creando musica con melodie galoppanti che vanno e ritornano come onde, risucchiandoti nei cambi di tempo, per poi lasciarti, nella frazione di un secondo, sospeso nel tempo, e riprenderti con le armonie dei cori (Behrang Alavi, Samavayo). Mi piacciono quando basso e batteria raccontano il tempo, scandendolo in ritmo continuo progressivo, e poi ne cambiano il verso come in “Coalescence”; quando impreziosiscono il tessuto musicale con autentica audacia e incalzante progressive (“Merged In Dreams – Ne Plus Ultra”), per poi ricadere in contrappunti dal sound raffinato e naturale. E ti sorprendono quanto sperimentano una rielaborazione della musica psichedelica in “The Purpose” affidandosi a libertà espressiva di ogni strumento.

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