BLUT: Hermeneutics
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03/06/2020I Blut nascono come un progetto artistico di ampio respiro, che oltre alla parte musicale coinvolge una dimensione visiva, teatrale e letteraria. Questo nuovo album, intitolato 'Hermeneutics', rappresenta dunque solo una parte di tutta una serie di aspetti che gravitano intorno a quest'opera. A tal riguardo è presente anche una componente ermeneutica, come il titolo stesso suggerisce, che concettualmente porta gli autori a dedicare ciascuna delle ventitrè tracce ad una carta dei tarocchi. Lo stile della band è peraltro molto vario e cangiante, tanto da spaziare tra vari generi, tra cui gothic metal e industrial, con una parte rilevante ricoperta da synth e sonorità elettroniche, per quanto siano presenti anche le chitarre di Marco Borghi. Una certa alternanza è prevista pure a livello vocale, dato che ritroviamo dietro ai microfoni sia una voce maschile, quella di Alessandro Schümperlin, sia femminile, ovvero quella di Chiara Manese, cantante lirica con la passione per il metal (tra le altre, ricordiamo i Kantica tra le sue collaborazioni), che in qualche caso duettano anche insieme (ad esempio in "The Lovers", "The Hermit" e "The World"). Le tracce sono pure alquanto diverse, talvolta piuttosto brevi, altre volte più affini alla classica forma-canzone. Quel che è certo è che il risultato è molto variegato e imprevedibile; per contro, una tale impostazione porta inevitabilmente una maggiore frammentarietà nell'ascolto che non sempre appare particolarmente fluido, anzi, richiede soprattutto all'inizio la necessità di metabolizzare questo tipo di approccio, dato che la band passa con disinvoltura da tracce tutte cariche di synth e suoni campionati ad altre più incentrate su riff di chitarra e voce lirica, oppure da passaggi sinistri e aggressivi ad altri melodici ed eterei, tanto per rendere l'idea di come i Blut siano in grado di mutare registro ed atmosfere nell'arco di poche battute. Va pure detto che, su così tanti brani, per forza di cose non tutti appaiono proprio imprenscindibili, e limando qualcosa qua e là, probabilmente la tracklist sarebbe stata più godibile: tuttavia, come evidenziato, è anche vero che il disco trae la propria massima espressività proprio dal contesto creato, e da una visione di insieme dell'opera che rende pregne di maggiore significato anche brevi tracce le quali, prese separatamente, potrebbero effettivamente apparire di poca importanza. Un lavoro dunque alquanto originale che, pur con qualche limite, si sforza di creare qualcosa di nuovo, dando vita ad una visione artistica che si estrinseca a tutto tondo. Da segnalare, infine, come la copertina sia stata disegnata da Giulio Rincione, fumettista noto soprattutto per le sue collaborazioni con la Disney e la Sergio Bonelli Editore.
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