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BLUES PILLS: Birthday

data

27/07/2024
77


Genere: Rock, Pop
Etichetta: Throwdown Entratinment
Distro: BMG
Anno: 2024

Abbandonano il retrò attraverso il power pop, direzione nu soul. Non più un prodotto della Nuclear Blast. Strategici nelle loro pubblicazioni. Ci hanno abituato così: uscita di nuova produzione, seguita dall’uscita di un EP/album live a consacrarne le doti. Nel primo EP ‘Devil Man’, richiami ai Cream, ai Fleetwood Mac; quel vintage, quel retrò che conquista, ma può stancare. Uscito nel 2013, l’EP fu un salto indietro nel tempo (fine ’60/inizio ’70). Un chiaro omaggio vocale di Elis Larsson a Janis Joplin, con similitudini da Janita Haan (Babe Ruth) e da Maggie Bell (Stone The Crows). Chitarra ipnotica di Dorian Sorriaux e sezione ritmica proveniente da Radio Moscow (Cory Berry, batteria e Zack Anderson, basso). Studiata l’uscita successiva dell’EP Live ‘Live At Rockpalast’ (2014): emersero tutte le potenzialità dei componenti della band nella registrazione televisiva (sezione ritmica prepotente). L’immagine sul palco della band, da macchina da guerra, collimava con la fotografia dei giovani rampanti musicisti: una sorta di Kadavar/Graveyard, guidati da una sirena. Il primo album omonimo (2014) confermò questo mio pensiero (sostanzialmente un cambio di supporto, da due EP ad un supporto unico, per recuperarne le premesse, poche le tracce nuove). Con il secondo progetto ‘Lady In Gold’ (2016), fecero ingresso la tastiera, l’attuale batterista Andrè Kvarnström, ed un leggero garage soul (da 'The Bellrays', in “Elements And Things”). Ma presto i giudizi contrastanti su questa band furono messi a tacere con l’uscita del live ‘Lady In Gold Live In Paris’ (2017). E’ proprio in quella sede che, statisticamente, mostrano artigli e scaraventano il loro sound con una potenza talmente evocativa, di cui pochi possono vantarsi. Con il terzo progetto ‘Holy Moly!’ (2020) una consacrazione del loro linguaggio (gli assoli di chitarra non mancavano; uno dei temi sempre posto a giudizio). Il bassista Zack Anderson iniziava a dedicarsi alla chitarra e Kristoffer Schander (nuovo ingresso) al basso. Ed ora, con il quarto album, la svolta: un progetto dalle due entità (power pop/nu soul); un album dentro un album! Perfetti nel pop; contrastanti nel soul. Con la prima traccia, quel garage sbarazzino dalle sonorità alla The Interrupters (senza ska). Strofa sensuale e ritornello apripista; assurda la tonalità di Elin (quasi la romana Noemi). Il tutto nasce da una unità di misura: bmp. “Birthday” sono 158 bmp dannatamente ballabili! Metaforica la linea di basso di “Don’t You Love It”: c’è un tempo per tutto, basta dare il giusto ritmo alla vita. Se vuoi puoi trovare il tempo per lasciarti andare alla leggerezza di passi di danza anni ’60, non prestabiliti (shaking) e far conciliare ogni cosa (come fare musica e diventare mamma: Elin in dolce attesa durante le registrazioni). Scansione sincopatica del tempo, picchiate come accenti e chitarra da accompagnamento. Tracce della durata di tre minuti. Non è disco music, ma un sound dal potere pop, precursore dei “quattro salti” (The Spencer Davis Group, “Gimme Some Loving”). E “Bad Choices” rispolvera quei lievi fraseggi di chitarra (tanto oggetto della critica), intercalati nel ritmo. Con la ballad “Top Of The Sky” è automatico il rimando ad Adele (che nel 2011, aveva rapito la scena, con l’album ‘21’); ma tratta della realtà sterile odierna (trovare il consenso e l’attenzione nei social). Le incertezze della dualità del progetto emergono in alcuni brani. “Like A Drug” è intrappolata in un corpo musicale robotico. “Piggyback Ride” esalta questa espressione pop con effetti psichedelici per distorcere il suono nella scansione del tempo e nel camuffare la voce. Dalla settima traccia cambia il decorso dell’album; di primo acchito, il pensiero va a “Rolling In The Deep” (Adele). E’ proprio la coraggiosa “Holding Me Back” ad aprire il disco verso il neo soul. Non ci sono più confini, lo stato di Elin si trasforma in un forte senso di libertà in musica. Ne scaturisce la più alta forza ancestrale. Quell’istinto ad accudire, se è il caso a difendere, il proprio cucciolo. Senza omologazioni. Ed è qui che arrivano i miei pensieri contrastanti, perché la traccia più bella dell’album è nu soul. “Somebody Better” è intensa di interpretazione. Morbida, appoggiata sul tempo, densa, colorata nella presenza vocale, shuffolata nella batteria e ricca di grinta di Elin. Ma  il battito di mani, il rhythm & blues, il doo-wop degli altri brani a seguire non mantiene costante l’intensità delle premesse iniziali della seconda entità, e di quel terremoto soul che mi ha subito scosso così positivamente! Presto i Blues Pills in Italia: 8 dicembre 2024. Milano, al Circolo Magnolia.

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