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BLACK SWAN: Generation Mind

data

16/04/2022
88


Genere: Hard Rock
Etichetta: Frontiers Music
Distro:
Anno: 2022

Quando si riuniscono sotto lo stesso cappello quattro "Calibri Grossi" dell'hard rock quali McAuley al microfono, Reb Beach alla chitarra, Jeff Pilson al basso e Matt Starr alla batteria si corre il rischio di generare un hype esagerato che potrebbe sgonfiarsi non appena si passa dalle parole ai fatti. I Black Swan avevano comunque rassicurato un po' tutti sulla propria consistenza e sulla bontà della proposta già dal debutto 'Shake The World' di un paio di anni fa, anche se nessuno si era neanche sognato di gridare al miracolo. Allora questo "Generation Mind" come si pone rispetto al suo predecessore? La sensazione che assale fin dal primo ascolto è che il "Progetto" Black Swan sia diventato qualcosa di più grande, che il poker d'assi abbia trovato la giusta coesione portando alla formazione di una vera band, dettaglio di non poco conto in quanto il disco supera certo manierismo derivante dalle ingombranti carriere artistiche dei suoi componenti per fluire, sì in una rilettura del passato ma risultando al contempo fresco ed estremamente peculiare. A rompere ogni indugio ci pensa "She Hides Behind", a dire il vero dopo una breve quanto superflua intro, pezzo tracotante pieno di una carica esplosiva che ben si poggia su un up-tempo quadrato e su di un riff che ti fa subito sbattere il capoccione su è giù, mettendo a dura prova le cervici più deboli. Robin sembra vieppiù una bottiglia di vino pregiato, con una voce che pare migliorare col passare degli anni, rimanendo agile nell'attraversare il pentagramma ad ogni tonalità e mantenendo quella capacità di graffiare pur senza smettere mai di accarezzare le note più melodiche. La titletrack prosegue nel solco della melodia, indovinando uno di quei ritornelli che non ti si tolgono più dalla testa e che ti ritrovi a canticchiare per i giorni a venire, il tutto impreziosito da un gran bell'assolo di Reb. Il ritmo rallenta un po', facendosi quasi sincopato ed ipnotico, diffondendo le note di "Eagles Fly", brano sornione che fluisce in un ardente chorus, e di "See You Cry" in cui, ancora una volta, il protagonista è un Robin destro in sporcare strofe e refrain altrimenti ultra orecchiabili. Tutto l'album scorre via veloce rimanendo sul livello (alto) delle prime 4 tracce riuscendo, comunque, a piazzare un'altra killer track alla posizione numero nove, "Long Way Down", dove a spiazzare l'ascoltatore è un ritornello che prima spezza il ritmo fino ad allora dominante per poi ripartire in accelerazione al secondo giro, sempre nel segno di una musicalità semplice ma non scontata. Degno di nota anche il suono generale di questo disco, ad opera di Pilson, abile nel donare grande profondità e potenza pur mantenendo una strabiliante brillantezza che sfocia in sgargianti toni alti. Un lavoro che non annoia mai, che riesce ad essere vario e personale pur nella sua assoluta classicità, cantato superbamente, suonato divinamente e prodotto in modo moderno e ultra professionale; difficile chiedere altro a questi "Vecchi" leoni che ancora oggi, a distanza di trenta anni e più, sembrano non perdere neanche un'oncia di entusiamo e passione per ciò che amano alla follia: il proprio lavoro. 

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