ARSIS: Visitant
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01/01/2019Diciott’anni di carriera, sei album in studio e alcune uscite alla spicciolata sono il curriculum di tutto rispetto degli statunitensi Arsis. Approdati ad Agonia records, tornano dopo 5 anni di silenzio dal martellante passato di 'Unwelcome'. Il passaggio da Nuclear Blast ad Agonia ha dato i suoi frutti, se non altro in termini di produzione e di proposta. Il sound, più essenziale e meno arrembante, risulta essere maggiormente genuino nella propria essenza death metal, con alcune divagazione di matrice thrash teutonica a sfumare il full-length. Ci balenano così in mente i Kreator, in un contesto tecnico elevato e con melodie a far capolino nelle tracce. Non ravvisiamo così lo “strillato” intento del recente passato, a favore di una fantasia maggiore delle strutture e dell’alternarsi tra parti più estreme e armoniche. Voce tagliente diventa urlo isterico che, follemente, spazia e si muove tra le intricate trame intessute dalle chitarre. La definizione “technical” resta punto fermo da aggiungere ai vari filoni sfiorati dalla band, valore aggiunto e talvolta limite degli artisti. Questo perché l’orpello diventa, a dire il vero in radi momenti, fine a se stesso. Peccato veniale, perché Visitant è dinamico, luce che raggiunge anfratti sconosciuti rimbalzando da e fra neri conati di inquietudine. Il disco formalmente non si discute, acquisendo in questa più recente veste una genuinità che non apprezzavamo da tempo. Parliamo di accenti, particolarità che notiamo ma che restano comunque lievi correzioni ad un’attitudine ormai consolidata. Il lavoro continua idealmente sulla via percorsa nella carriera della band, tra citazioni dei Quo Vadis e la scuola svedese degli At The Gates. Gli Arsis sono una certezza per chi ama tali suoni, restando sempre a livelli più che buoni, ma senza riuscire mai a spiccare quel volo personale necessario a renderli davvero immortali. La scintilla che sentimmo in 'A Celebration of Guilt' non si è più manifestata completamente. Chissà se mai la rivedremo.
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