ARCH/MATHEOS: Winter Ethereal
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03/06/2019Trentatre anni dopo il mitico 'Awaken The Guardian' (ultima partecipazione di John Arch alla saga dei Fates Warning), e otto dopo l'esordio colpevolmente ignorato dal sottoscritto, il vocalist ritorna in coppia con Jim Matheos per un lavoro accostabile alla band madre per piu di un motivo, fra cui la partecipazione di una pletora di strumentisti tutti associabili, appunto, ai Fates Warning. Dopo l´estromissione dalla band John Arch avrebbe trascorso diciassette anni lontano dalle scene, e una delle prime cose che sorprendono è proprio il fatto che la sua voce pare registrata il giorno dopo 'Awaken The Guardian': non ha perduto nulla di ciò che la caratterizzava allora. Sia subito chiaro che siamo in presenza di un album colossale, che lascia meravigliati e attoniti. Abbiamo già detto della performance vocale, non scalfita da trent'anni, che non può non emozionare chi l'ha apprezzata all'epoca. Ma si colloca per giunta in un sound modernissimo, per nulla nostalgico o retrò. E del resto cosa aspettarsi quando il tutto scaturisce dal motore di una delle band metal/progressive più ambiziose? L'anteposizione di "metal" rispetto a "progressive" non è da interpretarsi come casuale, essendo qui la progressività dosata con rara maestria, mai autoreferenziale o compiaciuta, sempre e solo atta ad inserire quel quid di imprevedibilità ed esoticità in un prodotto che è, nel complesso, metal fin nelle viscere. Si può esultare di fronte al ricco, lussureggiante paesaggio sonoro assemblato dove, senza mai uscire dal seminato, i nostri svariano, con una fantasia e una padronanza, pur nell´ uso di elementi sostanzialmente sempre intimamente propri del genere, raramente rinvenibili. A sottolineare questo, basti constatare come i pezzi meno riusciti siano proprio quelli piu brevi, quasi che l'abilità compositiva dei creatori si sia trovata costretta in limiti troppo angusti per mostrare appieno le proprie potenzialità. Almeno la metà delle tracce presenti non dovrebbero suscitare nulla di meno di una stupefatta resa incondizionata nell´ascoltatore un minimo navigato nel genere. Nell´ottica di quanto appena detto, valga ad esempio la conclusiva, incredibile "Kindered Spirits": due minuti di lirismo struggente, poi si fa largo la ruvidezza delle chitarre e il pezzo decolla, con un Arch vario e versatile pur con il suo essere quasi costantemente sopra le righe, un chitarrismo potente, mai banale e un drumming che a piu riprese ha una marcia in piu. Al minuto sei ci viene servita la piu classica alternanza solista fra le due asce, con una improvvisa accelerazione che non fa che esaltarne l´impatto. Dopo sette minuti il pezzo riprende, ma qualcosa è cambiato, per due, tre volte da qui si ha la sensazione di essere giunti alla conclusione, ma Arch e Matheos trovano sempre il modo di rilanciare, coerentemente ma sempre cambiando abbastanza da tenerci col fiato sospeso, c´è spazio per una seconda accelerazione, per un riff pesantissimo che ci porta verso la fine che, non dissimile dall´esordio, ci lascia malinconica. Da non perdere.
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