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GLENN HUGHES

Un giorno potrò raccontare “io c’ero”. La sera del 22 maggio del 2024 è stato un evento memorabile. I fortunati presenti hanno potuto godere di una performance entusiasmante da parte dell’ex voce dei Deep Purple, senza tralasciare Trapeze, Black Sabbath ed altri svariati progetti, che evidentemente è rimasto colpito dalla risposta di Milano e dell’Alcatraz: nonostante abbia utilizzato il palco laterale, il locale si è riempito di rocker con un’età media abbastanza alta. Il ritorno di entusiasmo tra il pubblico ed il cantante inglese ha generato un vibe, come lo stesso Hughes ha ammesso, che ha acceso una miccia nei quattro sul palco, portandoli a regalare una performance inaspettata, stracarica di entusiasmo e passione. Negli anni ho visto più volte Hughes suonare dal vivo, ma mai prima si era fatto accompagnare da una backing band così pazzesca: Soren Andersen alla chitarra, Bob Fridzema alle tastiere e l’incredibile batterista Ash Sheehan.

Il set si è sviluppato intorno al periodo Profondo Porpora, omaggiando quelle canzoni, quegli album e quel periodo intramontabile che Hughes ha rifatto rivivere come ad un concerto degli anni '70, suonando pochi brani, ma allungati da improvvisate jam e break strumentali. L’apertura è regale. "Stormbringer" anima e scuote l’Alcatraz e da questo momento fino alla fine i pathos è palpabile, Hughes non fa altro che ringraziare Milano per la sinergia che si sta creando dentro il locale. Il cantante inglese chiacchiera molto, racconta parecchi aneddoti della sua carriera, ricordando gli screzi con Ritchie Blackmore, ma anche l’amico Jon Lord (rip). "You Fool No One" è un tour de force, riletta con una lunghissima jam intervallata da "High Ball Shooter", dall’assolo di chitarra di Andersen, ma anche da quello di Sheehan, autore di un interminabile assolo per batteria: una forza della natura per potenza, tecnica e durata. L’incredibile vocalità di Hughes lascia sempre esterrefatti, quasi 73 anni, ma ancora capace di reggere il palco con una freschezza e capacità polmonare come nessun altro: lui stesso è consapevole del suo dono e non si capacità come Dio gli abbia fatto questo preziosissimo regalo.

"Mistreated" è uno spettacolo, sentirlo cantare blues e soul mette i brividi. "Gettin’ Tighter" è immancabile, canzone recuperata da ‘Come Taste The Band’ del 1976 registrato con il sostituto di Blackmore, lo sfortunato Tommy Bolin (ex James Gang) scomparso prematuramente a soli 25 anni e grande amico di Hughes: ‘non vi è una sola sera che non suono questa canzone’, tanto è l’affetto che ancora nutre verso quel fragile e talentuoso musicista. "Keep On Moving" chiude il set, sotto il palco c’è chi è rimasto rapito dall’intensità vocale di Hughes e dall’incredibile passione che sa trasmettere, prima dell’inevitabile bis riservato all’incendiaria "Burn". Canzone simbolo del repertorio dei Deep Purple Mark III ed uno dei più grandi classici dell’hard rock mondiale, proprio quella che tutti attendono spasmodicamente di ascoltare. L’incedere intenso è una mazzata dopo due ore di magia e musica d’autore: stanchi, ma felici di aver assistito ad un concerto memorabile.

SI RINGRAZIA ANNA MINGUZZI PER LE FOTO.

Setlist:
Stormbringer
Might Just Take Your Life
Sail Away
You Fool No One
High Ball Shooter
You Fool No One reprise
Drum solo
You Fool No One reprise
Mistreated
Getting’ Tighter
Keep On Moving
Burn
 

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