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DISH IS NEIN

A venti anni di distanza da 'Primigenia', ultimo capitolo dei Disciplinatha, i tre quarti della band si ripresenta con un nuovo moniker: Dish-Is-Nein, ed un sound molto più violento. Ne abbiamo parlato con Cristiano Santini qualche giorno dopo il concerto di Roma del 30 gennaio scorso, curiosi di conoscere cosa è successo in questo lasso di tempo.

Cosa è successo in questi 20 anni in cui siete mancati dalla scena? Cioè, da 'Primigenia' a 'Dish Is Nein'? Ok, hai qualche ora della tua vita da dedicarci? No, scherzi a parte, riassumere 20 anni in 10 righe sono cazzi. Comunque, dopo lo scioglimento della band (poco più di un anno dopo l’uscita di 'Primigenia'), ognuno di noi ha fatto cose diverse: Daniele si è trasferito in UK e vive e lavora tutt’ora lì, la Robby ha girato il mondo facendo mille esperienze diverse, attualmente è rientrata a Bologna e collabora attivamente con Dish-Is-Nein dopo l’uscita di Marco dalla band. Valeria è diventata mamma di una splendida creatura e recentemente, oltre ad aver prestato la sua voce in un brano dell’EP Dish-Is-Nein ‘EVA’, ha fatto uscire un proprio progetto musicale (Cevolani/Inghes). Io e Dario, oltre a continuare a vederci e frequentarci post Disciplinatha, abbiamo continuato, pur con forme diverse, a lavorare nell’ambiente musicale. Da qualche anno abbiamo deciso di incrociare nuovamente le nostre “attitudini” per dare vita alla nuova creatura. 

Quali i motivi di questo radicale cambiamento di suono, cioè verso un industrial rock più iconoclasta ed il conseguente cambio di monicker, pur mantenendo i tre quarti della vecchia formazione dei Disciplinatha? La storia musicale dei Disciplinatha si è sempre caratterizzata per una estrema libertà espressiva; non ci siamo mai voluti chiudere dentro “steccati di genere”, e non ci siamo mai preoccupati di dover rientrare in determinate “parrocchie”, in parole semplici ci siamo sempre sentiti liberi di fare e sperimentare senza precluderci nulla. Poi, sicuramente il cambio di sound dall’ultimo Disciplinatha (Primigenia) al nuovo Dish-Is-Nein è decisamente marcato. Sono però passati pure 20 anni; oggi siamo persone diverse, le nostre storie di vita sono cambiate, si sono evolute, e con esse anche il nostro approccio al fare musica. L’idea era comunque quella di fare qualcosa di musicalmente (e concettualmente) molto aggressivo - in faccia! A 30 anni dall’uscita di 'AP40AOB!' dei Disciplinata, ci piaceva l’idea di tornare, soprattutto considerando il drammatico ed avvilente vuoto pneumatico globale assoluto (culturale, musicale, sociale politico ed esistenziale) che stava terminando il modello di civiltà occidentale al quale eravamo comodamente abituati, a “menare schiaffi”. 

Agli esordi come facevate a far arrabbiare sia la destra, sia la sinistra tanto che i vostri primi concerti erano ad altissimo rischio rissa?

Dario Parisini: Si, ahimè è successo pure questo. In questo paese così protettivo nei confronti delle barricate che lo ingessano, andar a minare certezze e punti fermi, tramandati come religioni non porta bene. Temi che possano aver a che fare con la polemica sociale o peggio politica, è meglio toccarli solo per diventarne maliziosamente bandiera e costruirci una scanzonata carriera artistica. I non incasellabili, i cani sciolti ecc, son spesso visti con sospetto ed interessano solo ad una ristretta nicchia. Col nostro operare abbiamo solo misurato la temperatura, il polso di un mondo, quello musicale che spocchiosamente snobbava Sanremo, gongolava a vilipendere il Sacro ponendosi ad avanguardia di civiltà e stile di vita libertario, smascherandolo bigotto e portatore di un nuovo conformismo violento e neo segregazionista.

Cristiano Santini: Mah, partiamo dal presupposto che, secondo me, la cosa nel tempo sia stata forse fin troppo “mitizzata”. Poi sì, ci furono situazioni interessanti, anche più di una. Tu però mi chiedi il motivo, ritengo sia duplice. Da un lato la sinistra, affogata nella propria ideologia fatta spesso di parole d’ordine, luoghi comuni e rigidi vademecum su quello che era consentito fare e ciò che non lo era, riteneva impensabile che qualcuno osasse riaprire gli “armadi della storia” tirandone fuori gli scheletri, impossibile anche solo pensarlo, “osare” l’utilizzo dell’iconografia del Ventennio; non c’è da sorprendersi in realtà se pensiamo che ancora oggi siamo un paese che non è minimamente in grado di fare i conti con il proprio passato. Quindi, chiusura totale, censura preventiva, totale incapacità nel valutare con un barlume di obiettività il corto circuito culturale innescato con la nostra proposta artistica. Dall’altro la destra, probabilmente una volta presa coscienza che l’utilizzo di elementi del Ventennio non fosse un “risveglio della memoria”, ma semmai un’operazione che voleva, tramite l’uso dei sopra citati, tentare un risveglio delle coscienze sopite dinnanzi ai nuovi strumenti di pesante condizionamento delle masse, tv in prims, non poteva che osteggiare pesantemente questo tipo di “propaganda”, come disse giustamente Sergio Messina nel suo preziosissimo contributo al documentario: “Questa non è un’esercitazione” - “riuscirono nella difficilissima impresa di fare incazzare tutti; evidentemente avevano colpito nel segno”. 

Cosa ha causato la separazione dall’etichetta Dischi Del Mulo di Zamboni e Ferretti?

Cristiano Santini: Guarda, parliamo di avvenimenti di oltre un quarto di secolo fa, ma non è la memoria il problema, quella per fortuna funziona ancora più o meno bene, semplicemente ritengo poco interessante (ed elegante) rivangare episodi così lontani. Mi limiterò a dire che ad un certo punto ci si rese conto che le strategie e gli obiettivi non erano più condivisi.

Roberta Vicinelli: Dopo 'Primigenia' abbiamo deciso di sciogliere il gruppo per poter andare oltre. Qualsiasi etichetta, grande o piccola che sia, lavora per pubblicizzare e vendere la produzione musicale di un artista, e se non ci riesce la causa risiede nell’artista stesso: non ha fatto il singolo da mandare in radio, si è rifiutato di farsi intervistare da Red Ronnie, non capisce che non può pubblicare un nuovo album solo perché ce l’ha pronto, è fisicamente troppo alto o troppo basso, etc. Ci sono delle regole di mercato, scritte e non, che se non segui ti tocca pagare. Abbiamo pagato uccidendo il gruppo. Poi abbiamo dimenticato. Nel mentre abbiamo affinato le nostre capacità musicali e umane. Più tardi abbiamo ricordato, analizzato e giudicato. Dopo di che abbiamo scelto la strada che ci sembrava più sensata, ricominciare dalle nostre abilità peculiari: operare un’integrazione tra acustico ed elettronico, creare atmosfere cupe e tese. Ora siamo adulti, quasi anziani, siamo già diventati quello che siamo, abbiamo già dimostrato quello che volevamo dimostrare, siamo guerrieri in pensione, ora possiamo fare quello che veramente ci piace senza preoccuparci di sbagliare. Quasi quasi si potrebbe definire libertà. 

Programmi per il futuro? Nuovi lavori? Prima del disastro epocale che si è abbattuto sulle nostre esistenze, stavamo lavorando ad un nuovo EP su vinile che sarebbe dovuto uscire, sempre per Contempo, in occasione del Record Store Day che si sarebbe dovuto tenere proprio in questi giorni. Ovviamente il progetto si è bloccato, siamo tutti quanti ai “domiciliari”, e per quanto la tecnologia permetta di lavorare comodamente anche a distanza, bisogna anche avere il mood e la concentrazione adeguati per farlo. E questi, soprattutto nel primo mese abbondante di quarantena sono venuti totalmente a mancare. In realtà adesso le cose sono cambiate decisamente in meglio: la Robby mi ha fatto avere un po’ di provini sui quali sto lavorando. A questo punto l’idea sarebbe di uscire con qualcosa di più corposo verso la fine dell’anno. Appena la situazione lo renderà possibile ci troveremo tutti nel mio studio (Morphing Studio) per lavorare attivamente sul materiale e capire se sia meritevole o meno di una pubblicazione con tutti i “sacri crismi” dell’ufficialità. 

Durante il vostro concerto al Largo Venue di Roma, ho notato nel vostro sound alcuni richiami agli elvetici Young Gods. Possono essere annoverati come una vostra influenza? Assolutamente sì! Personalmente ho scoperto gli Young Gods con il loro secondo album (L’Eau Rouge del 1989), trovai incredibilmente geniale l’idea di “reinventare” il rock sostituendo le chitarre suonate con chitarre campionate. Sono rimasti una delle mie band di riferimento almeno fino alla metà degli anni ‘90. Ho così pensato di omaggiare questa band così importante per il mio background musicale, campionando le chitarre del chorus di Toxin e suonandole, successivamente, con la tastiera: per quanto il suono sia il medesimo, cambia totalmente l’approccio e la sensazione uditiva delle stesse; è stato molto divertente farlo. Poi ovviamente dal vivo le suona Dario, anche se il lavoro che abbiamo fatto sul suo sound per quel brano cerca di riprendere il più possibile quel tipo di mood.

Cosa significa per voi provocare oggi? Qual è stata la più grande provocazione che avete compiuto ad un concerto?

Cristiano Santini: Allora, partirei in primis con una precisazione che ritengo doverosa: si è sempre accostato (erroneamente dal mio modo di vedere) l’aggettivo “provocatorio” ad una fetta consistente dell’attività dei Disciplinatha. Preferisco pensare, anzi ne sono fermamente convinto, che la nostra non fosse necessariamente una provocazione, bensì un modo di porsi, come individui prima di tutto, dinanzi ad un determinato stato di cose. Questo per dire che tutto quello che abbiamo fatto e che facciamo oggi, è sempre stato frutto di un pensiero “lineare”, figlio sì di confronto e discussioni in seno alla band, ma senza la necessità di dover studiare a tavolino azioni da mettere in campo con l’obiettivo di capitalizzare l’attenzione della gente. Questo modus operandi da “sono un ribelle mamma” l’abbiamo sempre lasciato a chi ha la necessità di mascherare, col clamore, la pochezza della propria proposta artistica. Quindi, se proprio dovessimo a tutti i costi utilizzare un aggettivo preferisco di gran lunga “reazione”. Poi, se mi chiedi un gesto fatto dal vivo considerato “dal popolo” pesantemente provocatorio, direi senz’altro l’iniziare i primi concerti dei Disciplinatha con la voce di Mussolini.

Dario Parisini: Non saprei rispondere in quanto provocazione è una parola ambivalente e spesso assume solo la valenza di disturbatore, anziche’ di stimolatore, ovvero chi sceglie di esprimersi in maniera forte per ottenere una reazione che porti a riflessione. Spesso l’incapacita’ di analisi, di collocarci in territori già codificati da parte di pubblico e stampa, ci ha portato ad essere inseriti nella casella dei ‘’provocatori’’, e tutto si risolve, ecco trovata la definizione libera tutti. Ma a noi raramente interessava provocare in maniera calcolata, noi si faceva cio’ che pareva bello, giusto e doverosamente proponibile, ciò che avremmo anche voluto veder fatto da altri se vuoi. Come intervallare ogni tanto i nostri primi live con spot televisivi più aggressivi del tempo, i video montaggi con Lorenzo Cherubini intervallati dalle ragazze pon pon di "Colpo grosso" seguite da repertori della strage di Bologna. La nostra non era una provocazione, ma una rappresentazione. Su quel palco portavamo tutto il male presente ed in divenire, con quel senso del tragico che il nostro mondo e quello musicale ha rimosso pur mantenendo l’asfissia, il peso di una costante propaganda di sub valori atti solo a vender merci anche al prezzo di creare e crescere generazioni di deboli omuncoli.

Che fate per vivere? Io ormai da una quindicina di anni ho uno studio di registrazione: il Morphing Studio di Bologna; inoltre da qualche anno faccio il docente presso una scuola di musica (Music Academy di Bologna); le materie che insegno sono Music Technology, Production e Sonorizzazione. Dario, fin dallo scioglimento dei Disciplinatha, ha continuato a lavorare nella musica e per la musica, prima come backliner, poi come direttore di produzione e tour manager, attività che lo ha portato a lavorare con artisti di primo piano del panorama mainstream nazionale. 

Quali band ascoltate attualmente e quali vi ispirano? Quali band o quale genere non vi piace proprio? Per esigenze lavorative, ma anche per gusto personale, ho sempre amato (cosa che faccio anche oggi) avere orizzonti musicali molto ampi. In passato ci sono state diverse band che hanno in qualche modo ispirato il mio approccio creativo. Oltre agli Young Gods volevo citare, in ordine assolutamente casuale, i Laibach, Jim Foetus, Depeche Mode, Nine Inch Nails, Massive Attack, Portishead, The Orb, Devo, e mi fermo qui se no non finisco più. Aggiungo che negli ultimi anni mi sono appassionato al mondo delle colonne sonore e della sonorizzazione e questo ad esempio credo si senta chiaramente nel progetto Dish-Is-Nein. Ci terrei a citare la combo soundtrack + sonoro di Dunkirk, quando vidi il film la prima volta venni letteralmente asfaltato da tutto l’audio,  impressionante quando musica e sonoro diventano parte integrante e fondamentale per la narrazione. Poi mi chiedi cosa non mi piace, beh, ricordo che durante i ‘90 mi lamentavo (sbagliando) del fatto che rispetto agli ‘80 ci fosse meno creatività; averne oggi un terzo di quella espressa dai ’90,  preferisco poi non scendere nei particolari perché credo e spero che ai tuoi lettori freghi poco o nulla di chi mi fa cagare ma ascoltando quello che faccio e leggendo alcuni dei mei riferimenti non dovrebbe nemmeno essere così difficile immaginarlo.

Come è nata l’idea del libro di Giovanni Rossi ‘Meriti il Posto Che Occupi’ su Tsunami Edizioni? In realtà questa domanda dovresti farla direttamente a lui (Giovanni). Ricordo che poco tempo dopo l’uscita del box in cd “Tesori della Patria”, venimmo contatati da Giovanni con la proposta di una bio sui Disciplinatha che sarebbe dovuta uscire per Tsunami edizioni. Accettammo di buon grado la proposta, il resto è storia relativamente recente. Il processo che ha portato alla produzione di “Tu meriti il posto che occupi” è stato estremamente lungo e complesso, assolutamente coerente con la nostra storia. A Giovanni l’innegabile merito di esserne uscito vivo in primis, poi di essere riuscito ad orchestrare in modo assolutamente efficace tutti i contributi dei vari “attori” che hanno fornito la propria esperienza diretta ed opinione relativamente a Disciplinatha. Un ringraziamento particolare va anche a Simone Poletti autore della sontuosa veste grafica oltre che a Tsunami per l’ardire nell’essersi buttata in questa avventura ai limiti dell’umana sopportazione; sai - siamo gente complicata.

Volete aggiungere qualcosa? Solo una cosa, però importante. Vorrei scusarmi con te per i tempi biblici con i quali riceverai le risposte alla tua intervista. Potrei raccontarti mille cazzole: noi musicisti a volte siamo bravissimi nel cercare scuse improbabili, potrei parlare del fottuto virus e relativi arresti domiciliari, ma anche no, semplicemente non avevo argomenti validi con cui rispondere (ammesso e non concesso che ora lo siano). Poi stamani ho visto un post (meraviglioso) di Dario sul 25 aprile: sul corpo di una sua chitarra elettrica c’è la scritta “RESISTERE” ma con la “R” barrata, quindi si legge “ESISTERE” - da lì è partita la piena.

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