RAGE: SPEAK OF THE DEAD
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25/03/2006A dieci anni di distanza dall’uscita di “Lingua Mortis”, registrato assieme alla filarmonica di Praga, i Rage ripropongono il tema dell’orchestra con il nuovo controverso album “Speak Of The Dead”. Dopo l’ottimo “Soundchaser” il trio capitano dall’oramai leggendario “Peavy” Wagner ci propone un disco che racchiude in un unico platter quanto fatto tempo addietro con le release separate di “Lingua Mortis” e “End Of All Days”, presentandoci due facce diametralmente opposte della band a stretto confronto. Nonostante ciò il legame con il passato, a livello di sound, è pressoché nullo: la prima parte vede protagonista Victor Smolski, amante della classica e autore di tutte le musiche della Suite, mentre la seconda parte è dedicata al Power spaccaossa dell’era Wagner/Smolski/Terrana. L’orchestra scelta è quella di Minsk, paese d’origine di Victor e coordinata dal lui stesso il quale lascia al mastermind Peavy il compito di raccontare la storia della “ragazza portata via dalla morte” attraverso le otto parti della “Suite Lingua Mortis” (viva l’originalità), di cui cinque sono strumentali. Il lavoro svolto da Smolski è di grande livello, un opera di venti minuti emozionante ed avvincente dove l’enfasi musicale, apportata dall’orchestra, crea un susseguirsi d’atmosfere e d’emozioni unico. Tutto questo grazie anche all’impatto fornito da brani come “Innocent” e “No Regrets” , due pezzi trascinanti ed avvincenti che, con una certa teatralità, narrano perfettamente l’evolversi del concept. La conclusiva “Beauty” è la commovente fine della suite, regalandoci un gran solo da parte di Smolski e congedando l’orchestra con maestosità. La seconda parte del disco ha saputo convincermi meno pur mettendo in mostra un Terrana finalmente esplosivo, il quale pareva legato ad un lavoro, più di qualità che di quantità, di gran spessore tecnico ma di certo inusuale per un batterista del suo calibro. Il primo brano a farmi stortare il naso è proprio il singolo “No Fear”, il cui risultato finale non mi appaga nonostante il buon tiro e le buone idee. Lo stesso discorso lo si può fare anche per “Full Moon”, anche se dotata di un buon refrain che la rivaluta molto nella sostanza generale mostra i suoi difetti. Ho fatto, invece, veri e propri salti di gioia per le ritmiche serrate e la semplicità di “Soul Survivor” e per la trascinante titletrack “Speak Of The Dead”, il cui effetto in sede live si preannuncia devastante grazie ad un ritornello d’impatto. Un ora di valida musica presentata con l’impeccabile produzione firmata Nuclear Blast alla quale ben poco si può recriminare, se non la discutibile decisione di spezzare il disco in due metà. Per quanto mi riguarda questo porta ad una sensazione d’incompletezza, dandomi l’idea di aver accelerato i tempi quando probabilmente sarebbe stato meglio mettere un piede sul freno per lavorare separatamente ai due dischi. A livello stilistico è innegabile come l’enorme tasso tecnico di Smolski e Terrana stia portando la musica di Peavy verso lidi inesplorati e verso influenze prog, senza snaturarne però la sostanza. In conclusione che si conoscano o meno i Rage a questo “Speak Of The Dead” bisogna dare una possibilità, perché con i suoi diversi stili ammalianti ed aggressivi saprà conquistarvi…anche se era lecito chiedere di più.
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