ALICE COOPER: Paranormal
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21/08/2017Il sodalizio con Bob Ezrin ha (quasi) sempre portato buoni frutti allo zio Alice. Non è da meno questo 'Paranormal', nuova creatura sonora del rocker di Detroit le cui radici affondano nelle note sudaticce degli anni '70, in piena epoca rock'n'roll, quando sul palco si sputavano in maniera spregiudicata sangue e tossine. Sul piano stilistico non ci sarebbe molto da dire, se non che la scrittura dei brani evidenzia una determinata tendenza verso l'immediatezza, nonchè una sana freschezza nell'incedere. Canzoni senza orpelli, ritornelli che catturano, riffing sfrenato (Tommy Denander), una sezione ritmica che non conosce pause (strana quanto sorprendente la presenza dietro alle pelli di Larry Mullen degli U2), ed una voglia travolgente di divertirsi di fondo che ti mette invetabilmente di buon umore. Niente shock rock, quindi, e lontano dalle discese negli inferi di album come 'Dragontown', o 'Brutal Planet', e non prossimo all'hard rock ruffiano e stupefacente delle registrazioni di fine anni '80, inizio '90. Party rock a tutto spiano, con qualche deviazione verso l'introspezione autobiografica - "The Sound Of A" - due brani dinamitardi ("Destination Road" e "Rats") che lanciano l'intero disco verso velocità un po' insolite per il buon vecchio caro Vincent, ed uno scivolone con l'inconcludenza di "Private Public Breakdown". A chiudere, una carovana infinita di ospiti (impossibile citarla per intero), per chi soffre della mancanza di super collaborazioni.
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