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IRON MAIDEN: THE NUMBER OF THE BEAST

data

21/10/2005
88


Genere: NWOBHM
Etichetta: Zomba Music/Emi
Anno: 1982

E fu la Luce. Il 1982 passa alla storia, per quanto riguarda la Vergine, per l'entrata di un certo Bruce Dickinson, destinato a caratterizzare il sound del gruppo in maniera indelebile per tutti gli anni '80. Bruce Bruce, questo il suo nome d'arte ai tempi della sua militanza nei Samson, entra in formazione durante un live act di prova a Bologna, e questo è uno dei fattori che legano indissolubilmente il nostro Paese agli Iron Maiden. Aneddoti a parte, siamo ad una svolta storica: gli Iron Maiden, perso Paul Di'Anno, lasciano definitivamente quelle componenti stilistiche legate al Punk settantiano (Di'Anno, tutt'ora, definisce i primi Iron una Punk band), ed iniziano quella rivoluzione musicale che li porterà ad essere un gruppo in perenne crescita. Janick (che entrerà più avanti in formazione) dichiarerà a tal riguardo: "Se ascolti in sequenza tutti gli album degli Iron Maiden, non ce ne sono due uguali. Ma sotto ad ogni album, al di là delle variazioni stilistiche, sentirai sempre un collegamento, qualcosa che ti fa riconoscere lo stile degli Iron Maiden." "The Number Of The Beast" è forse uno degli album più noti della storia del Metal. I motivi sono svariati: prima di tutto, una musica che va dritta al bersaglio, non estrema quanto poteva esserlo il Thrash del periodo, nè troppo melodica (come quella dei contemporanei Def Leppard, che in quel periodo stavano lavorando a quella pietra miliare che è "Pyromania"). Di maggior presa dei Saxon, e l'elenco potrebbe continuare. Il fatto è che la musica degli Iron calzava perfettamente la società degli anni '80, e "The Number Of The Beast", con i suoi occhi ben puntati sulla società contemporanea, soddisfaceva alla perfezione la ricerca di evasione, di critica sociale, ed anche di ribellione dei giovani dell'epoca. Così nascono le leggende: con un album che, a sentirlo oggi per la prima volta, potrebbe sembrare leggermente (ma non troppo) superato, ma che ha saputo condizionare in maniera radicale la musica dei successivi 23 anni (tutt'ora la title-track è una delle cover più diffuse tra i gruppi di giovani). Lo stile di fondo, quel segreto quasi magico di cui parla Janick, si delinea attraverso tracce che nessuno ha più potuto ignorare, da quella struggente "Children Of The Damned" alla drammatica "22 Acacia Avenue", dall'adrenalinica "Invaders" all'anthemica "Run To The Hills". E poi, le due perle supreme: quella title-track che è divenuta praticamente un retaggio culturale imprescindibile per qualunque ascoltatore, anche occasionale, di Heavy Metal, e la conclusiva "Hallowed Be Thy Name", brano dalle tinte introspettive che, attraverso gli ultimi pensieri di un condannato a morte, offre spunti di riflessione di una profondità inarrivabile. Alle Vergini non mancava ormai più nulla per spiccare il volo...

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