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IRON MAIDEN: SEVENTH SON OF A SEVENTH SON

data

17/11/2005
92


Genere: NWOBHM
Etichetta: Zomba Music/Emi
Anno: 1988

1988: due anni dopo lo straordinario successo di "Somewhere In Time" gli Iron Maiden buttano un'altra bomba sul mercato. L'album delle profezie, "Seventh Son Of A Seventh Son", entra subito nella leggenda. Dopo un intro soft, "Monchild" esplode in tutta la sua potenza, catapultando l'ascoltatore in un'atmosfera mistica che non lo lascerà più per tutto il resto del disco. "Infinite Dreams", "The Evil That Men Do", "The Clairvoyant" sono ormai considerati a pieno titolo dei classici imprescindibili per gli amanti del genere, ma non solo: in effetti "Seventh Son" stupisce per la totale assenza di un brano debole, di un pezzo sottotono, di una canzone che possa stancare o essere considerata riempitiva. Gli otto pezzi si susseguono senza intoppi, un Dickinson decisamente in stato di grazia interpreta in maniera impeccabile ogni testo, ogni parola, riuscendo così ad esaltare al massimo ogni brano. Il lavoro compositivo, per quanto riguarda Harris, Murray e Smith, è ad un livello di pura e sublime ispirazione, e McBrain, come sempre, crea strutture ritmiche memorabili. "Seventh Son" è un album difficile da analizzare, quanto meno perchè nell'analisi di un disco si cercano sempre pregi e difetti, ma di questi ultimi pare privo. Pare, perchè se poi si vuole sentire il solito coro di dissidenti, un album dalle sonorità meno dure di "Powerslave" non è degno degli Iron. Eppure in questo caso particolare, addirittura il gruppo di irriducibili è estremamente ridotto: personalmente ritengo che basti questa semplice considerazione a rendere un'idea, per quanto vaga, della portata del disco in questione. Considerazioni personali a parte, vale la pena sottolineare che non c'è un solo brano di "Seventh Son" che non sia mai stato suonato dal vivo; anzi, tre brani in particolare ("Can I Play With Madness", "The Evil That Men Do" e "The Clairvoyant") sono stati per parecchio tempo performance irrinunciabili durante i live act. Saranno le atmosfere, le tematiche, la perfezione tecnica e compositiva, o sarà stata fortuna; fatto sta che il settimo figlio degli Iron Maiden è una vera pietra miliare nella storia non solo di un gruppo o di un genere, ma della cosiddetta "musica dura" in generale. Se è vero (e lo è) che i Maiden sono sempre stati un gruppo in maturazione continua, è con quest'album che si esprime al meglio la ricerca di quella perfezione già sfiorata con "Piece Of Mind".

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