CARPATHIAN FOREST: STRANGE OLD BREW
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23/07/2005“Strange Old Brew” è, se vogliamo, un po’ il punto di distacco dalla dimensione misantropica e totalmente underground dei Carpathian Forest. E’ grazie a questo lavoro infatti che la band capitanata da Nattefrost e Nordavind (ormai in procinto di separarsi dal compare) si stacca dal limbo originato con il grandissimo e fondamentale “Black Shining Leather”. “Strange Old Brew”, oltre ad essere orientato molto più del predecessore verso un black metal di stampo motorheadiano, riscuoterà un grosso successo facendo finire sotto i riflettori per un bel po’ la band; intendiamoci, non che il precedente disco non avesse tracce di puro rock’n’roll, ma erano solamente un substrato sottoposto alla feroce aggressione black metal. Come si evince dal booklet il materiale è stato tutto composto in un arco di tempo piuttosto lungo, dalla metà degli anni ’90 in poi e prevalentemente da Nattefrost, ma ciò non influisce assolutamente sulla qualità del lavoro. Il platter è stracolmo di potenziali ed effettivi classici come la thrashy opener “Bloodcleansing”, la terremotante “Mask Of The Slave”, “The Suicide Song” che tocca un tema molto caro alla band, quello ovviamente del suicidio, e “Return Of The Freezing Winds”, veri manuali del black metal più rozzo e primordiale. Discorso a parte lo meritano “House Of The Whipcord”, uno dei primi esperimenti jazzy della band composta da atmosfere oscure, rallentate all’esasperazione ed arricchita da un sassofono d’atmosfera, e la bonus track “He’s Turning Blue”, un proiettile che supera in valore persino le migliori tracce sopra menzionate e che tuttora rappresenta un classico nei live set dei Carpathian Forest. “Strange Old Brew” è forse, insieme a “Defending The Throne Of Evil” e “Black Shining Leather”, il miglior lavoro della band di Nattefrost; non averlo sarebbe un delitto.
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