BRIMSTONE COVEN: Black Magic
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18/01/2016"L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello di polvere." recitava Nietzsche a proposito della sua teoria dell'eterno ritorno, e quello che ci viene in mente ascoltando questo disco è proprio il concetto di eterno ritorno. Molto spesso riteniamo sorpassate alcune epoche,alcuni trend e determinate sonorità del passato, finchè non spunta il gruppo di turno che con la sua capacità di coinvolgere ed emozionare l'ascoltatore, imbastisce un viaggio a ritroso facendoti rivivere le sensazioni di epoche oramai superate..o meglio, che ritenevamo superate. Il gruppo in questione sono i Brimston Coven, immaginare cosa hanno intenzione di proporci non è difficile, basta dare uno sguardo rapido al'artwork che merita senz'altro una menzione più che positiva. Occultismo,magia nera, figure femminili tormentate, insomma il nostro pane quotidiano. Le tracce che compongono questo nuovo lavoro della compagine americana non deludono le aspettative che hanno nutrito le immagini di cui sopra, il sound proposto è un "retro rock" che pesca a piene mani dagli anni 70 e dal filone rock a sfondo occulto formatosi in quegli anni. Il sapore "vintage" dei nostri è apprezzabile, oltre che nelle trovate stilistiche e compositive del quartetto, anche nella scelta dei suoni e in una produzione analogica,senza artifici e diavolerie moderne che fa si che il sound sembri riesumato da qualche polveroso vinile trovato in soffitta. In 'Black Magic' troviamo di certo le influenze del doom di scuola sabbathiana nell'incedere lento della title track con un solo che si ispira alle melodie dell'Iron Man Tony Iommi o nel drumming di "Slow Death" fino alla rituale "The Eldest Tree" dove un Justin Wood dietro le pelli la fa da padrone e scandisce il tempo di una nenia esoterica. Ma i Brimston Coven non sono solo doom, non manca la sfumatura dark esoterica che ci riporta alle produzioni degli Uriah Heep, il tutto mescolato con ritmiche dal sapore prog rock alla Lucifer's Friend come nella già citata "Slow Death" dove Andrew D'Cagna si cimenta in una coinvolgente ritmica walking bass. Il platter non si riduce però solo a questo, non mancano i momenti più riflessivi come nella ballata crunch "As We Fall" con una voce atmosferica e resa cavernosa dal sapiente uso del reverbero (effetto imprescindibile nelle produzioni old oriented) o nella sognante "Beyond The Astral" che scivola come un viaggio astrale accompagnato dalla voce melliflua di "Big John" Williams, o infine nella ipnotica "Forsaken" che merita di certo una menzione d'onore insieme a "The Seers", due piccole gemme incastonate su disco da questi oscuri signori. Si potrebbe dire ancora tanto su questo disco che non stanca nelle sue dieci tracce che non vedono la presenza di filler, almeno ad avviso di chi scrive, per cui possiamo solo lasciare che le note parlino...e che inizi il viaggio.
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