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BLUES PILLS: Holy Moly!

data

01/09/2020
74


Genere: Blues Rock
Etichetta: Nuclear Blast Records
Distro: Warner Music
Anno: 2020

Avevamo lasciato i Blues Pills qualche anno fa con un album come ‘Lady In Gold’ il quale, nonostante dei buoni spunti, era risultato sin troppo ambizioso, al limite della prepotenza, lasciando poi una scia che non ha reso del tutto soddisfatti i sostenitori del quartetto di base svedese, memori di un disco di debuto scintillante quale ‘Blues Pills’. Sono tornati ora con una line-up rinnovata, nella quale spicca l’uscita di scena del chitarrista Dorian Sorriaux, musicista dall’indubbio tocco blues psichedelico che ha cercato di intraprendere una carriera solista che, al momento, non sembra aver raggiunto le soddisfazioni volute.  Con l’ingresso di Kristoffer Schander al basso e il passaggio di Zack Anderson alla chitarra, la band ha costruito un album quale ‘Holy Moly!’ con meno orpelli, ma con più geometria e concretezza, elevando come sempre le grandi qualità canore e artistiche di Elin Larsson, e costruendo un accompagnamento musicale dove, ad ogni ascolto, non si riscontrano punti deboli. L’iniziale “Proud Woman” sembra presagire ad un album tutto incentrato sulla figura della Larsson, sia nel testo che nella presenza musicale. Ma così non è già a partire dalla successiva “Low Road”, un concentrato di groove, velocità e spinta rockeggiante di assoluta garanzia, con una prova martellante di Andre Kvarnström alla batteria da restare senza fiato. Stesso discorso per “Dreaming My Life Away”, a chiudere un trittico iniziale dove i brani si susseguono a ruota, in un tragitto ad alto tasso adrenalinico. Con “California” e “Dust” la band si catapulta negli anni ’60 americani, con suoni analogici dal sapore retrò ed atmosfere soul degne delle migliori interpreti dell’epoca, in cui l’ugola della Larsson (soprattutto in “California”) si espande in tutto il suo splendore, tra vocalizzi acutissimi e calde andature. “Rhythm In My Blood”, con una intro rappresentata da una radio che cerca la stazione FM più adatta e che risulta forse un po’ inutile nel brano, e “Kiss My Past Goodbye” proseguono la scia rock-blues tanto cara alla band, testimoniando proprio la ricerca della band di un suono più quadrato e meno pregno di virtuosismi ed amplificazioni forse ridondanti. Tutto questo per arrivare, infine, al pezzo migliore dell’album, “Song From A Mourning Dove”, dove risultano all’interno tutti gli elementi più importanti dei Blues Pills attuali, e che strizza un po’ l’occhio a quanto fatto nel primo album: una Larsson sempre sugli scudi, dimostrando di poter essere tra le migliori interpreti della scena blues-rock internazionale, ed un arrangiamento denso di varietà e di sapori blues dove si insinua un pianoforte  che tinge di tanti colori il brano e la chitarra di Zack Anderson che si esprime a grandi livelli. Molto probabilmente ‘Holy Moly!’ non è un album che colpisce con grande potenza come l’album di debutto, ma ragionando a medio-lungo termine non bisogna nascondere il fatto che è un album potente al punto giusto e soprattutto fatto in maniera intelligente, rispettando le risorse attualmente in campo e creando un gioco di squadra che prevale sicuramente rispetto alle qualità individuali dei singoli, seppur di assoluto valore. ‘Holy Moly!’ è l’album che ci voleva per la risalita di gradimento dei Blues Pills.

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