OBERST PANIZZA
Una volta si chiamava synth pop, ora sono state coniate diverse altre definizioni tra cui cold wave, minimal synth, EBM e chi più ne ha più ne metta, sta di fatto che Oberst ci fa tornare alla mente quelle melodie sintetiche e fredde di metà anni '80, facilmente riconoscibili perché dotate di melodia e refrain molto catchy, tanto care ad Anne Clark, primi Depeche Mode ma di chiara discendenza dalla musica elettronica dei pionieri Kraftwerk. In quei solchi si muove la proposta del francese, già membro dei Velvet Condom, grazie a jingles molto orecchiabili tanto da esserne quasi familiari, un sound piacevole che scorre via leggero a volte avvicinandosi all'Ebm meno martellante, altre alla fredda e meccanica ripetizione degli stessi patterns. Posizionato sul palco in semplicissima maglietta bianca in mezzo a synth e campionatori (quasi un novello Gary Numan), ha trascorso il suo set muovendosi tra i due microfoni (uno con vocoder e l'altro per le clean vocals); per ovvi motivi essendo una one man band non c'è stata nessuna concessione alla performance scenica, fino a quando all'improvviso è sceso dal palco e non vi ha più fatto ritorno. Il concerto più breve mai visto che ci ha lasciato un pò di amaro in bocca, ma considerata la produzione all'attivo (un EP e la partecipazione ad una compilation con un brano) al massimo si poteva chiedere la ripetizione di uno dei brani già sentiti.
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