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STONE CIRCLES FUZZ ORCHESTRA

Con un nome del genere e un disco avvincente come quello appena pubblicato era impossibile per noi non avvicinare i Stone Circles Fuzz Orchestra. Una band cresciuta con stoner e desert rock nel sangue e che qui troviamo nelle parole di Samuele A Gabriela.

Partiamo dagli inizi: quando e come è nato il progetto Stone Circles Fuzz Orchestra? Come Stone Circles Fuzz Orchestra ci siamo formati all’inizio del 2013 come raccoglitore di sperimentazioni sonore, adottando il “La Verdiano” come accordatura, con diapason a 432Hz, in rigetto a qualsiasi tipo di processo di omologazione sia passato che attuale. Ognuno di noi faceva parte anche dei Ten Jam, tributo ai Pearl Jam attivo dal 2010, quindi anche se come Stone Circles Fuzz Orchestra siamo una brand new band, in realtà siamo legati fra noi da lungo tempo, abbiamo condiviso trasferte, abbiamo avuto modo di suonare davanti a migliaia di persone in questi anni e ci conosciamo molto bene sia professionalmente che personalmente. Inizialmente ci chiamavamo “Il Circo Delle Pietre”, inteso in entrambe le eccezioni del termine, sia come “circo” che come “circolo”, volevamo rendere omaggio ai cerchi di pietra come simbolo del mistero che avvolge l’uomo e la sua storia sulla terra. Con il tempo, accorgendoci di tendere sempre più ad una composizione in lingua inglese, abbiamo ritenuto opportuno tradurre anche il nome focalizzandoci sul significato che richiamasse i cerchi di pietra ed abbiamo aggiunto il “Fuzz Orchestra” in onore al Fuzz Bunker, il nostro studio sulle colline di Firenze.

Altra curiosità: nelle note del disco si legge che il vostro disco viaggia sui 432Hz al posto dei canonici 440Hz. A cosa dobbiamo questa scelta?
Senza perderci nella spiegazione di cosa siano le 432Hz rispetto alle 440, chi volesse può trovare letteratura più o meno new age in Rete, diciamo che volevamo avvicinarci il più possibile alla sfera umana vera e propria, provare a portare l’informazione trasmessa attraverso le vibrazioni sonore ad un livello più profondo rispetto a quello puramente uditivo. L’esperimento sembra funzionare, l’accordatura ci permette di far entrare chi ascolta nella propria dimensione ricettiva rendendo lo scambio molto naturale.

Il vostro debutto omonimo è un concentrato di vari elementi: stoner, hard-rock, desert-rock e persino psichedelia. A nostro avviso è però lo stoner a fare le veci da protagonista. Siete d’accordo? Come sono nate le canzoni di questo disco? Vorrei poter dire che siamo tutto questo mescolato assieme, alcune volte prevale una parte, alcune volte un'altra... Dico “vorrei” perché mi resta sempre piuttosto difficile porre delle etichette sulle cose. Abbiamo 4 personalità molto diverse e veniamo da ascolti e percorsi musicali piuttosto vasti, integrare le varie parti, rendere le diversità un punto di forza, intrecciare sonorità e generi paralleli è quello che volevamo fare, quindi non mi sentirei neanche troppo sicuro nel darti una risposta precisa. Ci piace poter adattare i nostri timbri, sonorità e intenzioni rispetto al contesto narrativo, trovare soluzioni per rendere al massimo un concetto o per creare un canale di comunicazione diretto con chi ascolta. Per fare ciò dobbiamo svincolarci necessariamente dai canoni di un genere specifico.

Sempre sul fronte stilistico piace molto questa verve vecchia scuola che viene fuori da ogni vostro brano. Quali band storiche siete soliti ascoltare e quali invece hanno dato qualcosa agli Stone Circles Fuzz Orchestra in fatto di ispirazione? Beh, come band di ispirazione più in chiave moderna ci sono sicuramente i Kyuss, i Queens Of The Stone Age, i Tool e band più di nicchia come i Coluor Haze per non parlare di grossa parte della scena musicale underground desertico attuale. Per quanto riguarda vecchia scuola posso dirti che veniamo dall’ascolto di Black Sabbath, Led Zeppelin, Pink Floyd, i Rush e poi non possiamo non citare l’indiscusso genio assoluto del secolo passato, Pupo, meno noto come Enzo Ghinazzi soprattutto nella fase “Malgiogliana” della sua carriera. Naturalmente stiamo scherzando…I Rush non ci piacciono così tanto. Ok, torniamo seri!

All’interno della tracklist spicca in particolare un brano, vale a dire l’unico proposto in madrelingua "L’ottavo giorno Dio si svegliò". Una sorta di esperimento andato a buon fine – e che quindi potremo rivedere in futuro – oppure un caso isolato? Per noi è stata una bella sorpresa, non ci aspettavamo che l’unico brano cantato in Italiano sarebbe stato così al centro dell’attenzione. Inizialmente eravamo anche indecisi se includerlo o meno all’interno del disco. Dal punto di vista creativo tendiamo a non metterci nessun vincolo, inoltre proviamo ad usare la voce più come uno strumento aggiuntivo rispetto a come viene classicamente intesa. Il materiale sul quale lavoriamo è ampio e ci darà la possibilità di sperimentare di nuovo l’esperienza in lingua italiana se verrà naturale.

Cosa vi rende particolarmente orgogliosi di questo lavoro? E’ stato un lavoro totalmente indipendente, arricchito dalle influenze raccolte nelle varie fasi della creazione, riuscire a mettere insieme ogni aspetto dalla parte musicale alla parte grafica è già di per se molto gratificante. Poter arrivare a chiudere il cerchio di un lavoro nella totale autonomia e libertà ti da modo di apprezzarlo sia nel bene che nel male e i difetti che puoi trovarci sono comunque parte integrante del lavoro fatto.
 
In Italia esiste una scena rock che possa a vostro modo di vedere inglobare una realtà come gli Stone Circles Fuzz Orchestra? Da quello che vediamo per il momento sembra di sì, spesso diamo per scontato che l’ascoltatore tipo di musica “mainstream” non riesca ad avvicinarsi ad altre realtà ma non è proprio così. Naturalmente chi ama la musica pop-neomelodica non potrà venire a cercarla nel nostro disco, ma chi sono io per dire che non potrà comunque apprezzare quello che facciamo? Il mondo poi è piuttosto vasto, affollato ed a portata di mano.

Qual è il classico ascoltatore di una band come la vostra? C’è chi ci ha detto “fate musica per boscaioli ubriachi”, ma per quanto ne sappiamo, la natura umana è piuttosto varia e sorprendente. Il bello della musica è che ognuno può sentirci dentro la propria storia, creare a sua volta una dimensione in cui quello che noi facciamo non è altro che il colore di una senzazione o la chiave per un concetto mai messo a fuoco. Diciamo sempre che per ascoltarci non servono necessariamente neanche le orecchie, puoi startene fermo a beccarti il bagno sonoro di vibrazioni a bassa frequenza direttamente nello stomaco. Da questo punto di vista le 432Hz funzionano bene.

Dal punto di vista live come stanno andando le cose? Stanno andando molto bene considerando appunto che siamo indipendenti e tutto quello che viene è frutto del nostro lavoro. Naturalmente non è facile entrare in contatto con realtà fisicamente distanti da te, ma in questo la Rete aiuta molto e il buon vecchio passaparola non fallisce mai. Non mi aspettavo tanto interesse verso un genere come il nostro ma evidentemente non sono un buon indovino. A proposito, per booking e info: [email protected]

Cinque dischi che vi sentite di consigliarci? Dico i primi quattro che mi passano per la mente senza pensarci, chissà che non funzioni:
“Welcome to sky valley” Kyuss
“Dall’impero delle tenebre” Il Teatro Degli Orrori
“Songs for the deaf” Queens Of The Stone Age
Tool: uno a caso va più che bene tanto sbagliare è impossibile.
Come ultimo disco butto lì un’idea per trovare qualcosa di nuovo, entrate in un negozio di dischi, scegliete una lettera e prendete quello più indietro rispetto a tutti gli altri…Magari viene fuori qualcosa di tremendamente figo o magari il peggior disco della storia, ma si vede che in quel momento è quello che vi serviva.

Che 2015 sarà per i Stone Circles Fuzz Orchestra? Direi che per adesso la priorità sono i concerti, portare in giro la nostra musica e continuare a stare in contatto con il pubblico, trovare nuove soluzioni per le nostre performace live e concludere i videoclip sui quali stiamo lavorando. Stiamo anche sperimentando  nuovo materiale, parti più strumentali e dilatate che abbiamo avuto modo di testare dal vivo e devo dire che la risposta è più che incoraggiante. Ci aspettiamo tanta strada da percorrere e immagini da incollare nella mente.

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