Ogni vostro disco è un cambio di stile ed anche con questo lavoro è successo qualcosa di nuovo. E' sempre presente il vostro trademark schizofrenico e oscuro, ma in una nuova veste, così è successo in particolare da "Intimacy" in poi?
Sono passati tre anni dove la nostra creatività per un certo periodo ha migrato verso lidi più confortevoli. Poi all'improvviso è tornata. Inaspettata, benvenuta e sempre amata. Non abbiamo esitato un attimo a cosa pensare. Tutto è ripreso come se il nostro letargo creativo fosse durato come il battito delle ali di una farfalla. Quello che n'è uscito lo puoi ascoltare su "Fine". Sette pezzi che trasudano, passione, sacrificio, sbattimenti fisici, psichici ed emotivi. Sette pezzi che fotografano il nostro male interiore messo in musica. E' cambiato certo qualcosa. Il suono, si è evoluto, è cresciuto. Come le persone che lo hanno creato. Da "Intimacy" a "Fine" abbiamo assistito ad un processo evolutivo-artistico che avviene quasi sempre all'interno di un manipolo di persone che tratta la musica con il dovuto rispetto e la passione più sincera, innocente e limpida.
"Fine" ha una tinta unica, predominante: C'è un motivo di fondo?
Fine ha numerose tonalità. Cangianti, diverse, sempre in movimento. Fine è il nostro disco più completo dove la personalità della band si muta in innumerevoli colori. A volte un nero oscuro predominante, altre volte bianco purificatore. Il rosso della passione e del sangue inteso come istinto e sacrificio ed in alcuni momenti il grigio che rappresenta la tristezza della quotidianità ed abitudine ad emanare respiri e battiti cardiaci sempre uguali. Di fondo, mescolati tutti questi colori ci siamo noi quattro. Uomini con le proprie emozioni. Che esplodono. Che non riescono a trattenere più di tanto e che devono evocarle componendo musica. Di fondo c'è la schizofrenia della normalità. La normalità totalmente inquadrata che diventa incontrollabile e si trasforma in rabbia. Desolazione, cinismo, sarcasmo, ironia verso la vita. "Fine" è questo ed anche qualcos'altro.
Raccontatemi un poì di questo continuo contrasto che vive forte nel disco: brani ipnotici, altri più in salsa rock, altri ancora violenti come ci avete abituati da sempre. Cosa vi ha spinto a realizzare un disco così variegato?
Semplicemente la voglia di andare oltre e non precludersi ogni tipo di barriera. Nel corso della nostra carriera abbiamo sempre cercato, con la una certa personalità stilistica che raffigurasse e fotografasse il momento della vita artistico-musicale della band. Siamo passati dal grind, al death metal alla sperimentazione più pesante con l'elettronica, allla saturazione e claustrofobia del noise core ed in "Fine" ci siamo sentiti come trasportati in una dimensione più pacata anche se non meno oscura e catartica. Abbiamo tolto molto in fase di composizione e dilatato i tempi. Giocato con le atmosfere, reso più orecchiabili alcuni passaggi ritmici, ma non meno ipnotici e marziali. "Fine", come tutti i nostri lbum rappresenta il momento fuggente. Un Carpe Diem delle nostre vite.
"Grey" invece, è un brano molto rilassato, eppure si disperde in 10 minuti di durata: il processo compositivo vi ha portato ad accettare subito la forma dei brani così com'erano o avete fatto dei tagli, e delle scelte?
"Grey" è stata una scommessa che abbiamo vinto. Lìunica cosa che ci siamo prefissati prima che la creatività chiamasse era quella di dare maggior importanza e spazio all'elettronica. L'uso dell'elettronica fatto in passato era un accessorio su di un bell'abito. In "Fine" (ed in un prossimo futuro) doveva essere non solo complementare ma anche protagonista. Abbiamo dato sfogo a questo desiderio ed è nata "Grey". Il pezzo più articolato nelle atmosfere e meno complicato nella struttura della nostra carriera. Dieci minuti che scorrono leggeri. Dove l'ascoltatore e proiettato in un paesaggio cangiante. Dal panorama freddo ed imbiancato della galaverna mattutina si passa al grigiore pomeridiano tipico di una giornata autunnale qualunque per esplodere in un turbine di nero ed oscurità che penetra nelle ossa e nell'animo di un uomo scorto a passeggiare in solitudine, guardando le stelle.
E dei vecchi dischi possiamo dire qualcosa? Il primo EP ormai è diventata una chicca da collezione. Quanto è importante per una band come la vostra, il rapporto con questo genere di cose (vendite, numeri) oppure fate più affidamento a elementi come la vendita del vostro merchandise ai concerti?
Non siamo mai stati dei bravi manager. Forse per questo, con il senno di poi dopo dodici anni di carriera alle spalle, mi sento di affermare che abbiamo raccolto molto poco rispetto a quanto seminato. Ci sismo sempre arrangiati da soli, peccando anche un po' di pressapochismo. Pressapochismo dovuto alla mancanza di tempo, alla inesperienza e forse al troppo ardore ed entusiasmo. Gli Infection Code hanno sempre fatto tutto da soli. Nella miglior politica ed attitudine do it yourself Agenzia di booking, Etichetta discografica, distribuzione, cura del merchandise, grafica, contatti. Solo per gli ultimi due album abbiamo avuto un supporto importante dagli amici della Masterpiece per quanto riguarda la distribuzione. Tutto questo per dirti che per forza di cose conosciamo molto bene elementi meno artistici quali vendite, dati, soldi etc. Non perchè sono più o meno importanti, ma perchè per forza di cose devi conviverci per non far morire la tua band. Avere una band non vuol dire solo andare in sala prove o fare dei concerti. Ciò è molto ma molto altro dietro.
Ci sono particolari occasioni di vedervi sul palco, da qui ai primi del 2011? Tour?
Stiamo cercando di suonare il più possibile. Non è facile perchè abbiamo altri impegni extramusicali. Ma non molleremo. Il live è la dimensione ottimale per una band come gli Infection Code, dove passione, sudore e rumore coabitano abbracciati e stritolati su di un palco.
Quando avete presentato "Fine" sul vostro myspace, vi siete soffermati a lungo, direi, su dei particolari concetti riguardanti la sua nascita, che allo stesso tempo, segnava per voi, quasi una vera e propria RI-nascita: in che modo risulta essere un capitolo fuori dal comune e più importante rispetto gli altri?
Ogni giorno per noi è una Rinascita. Prova a resistere ed esistere più di dodici anni facendo del rumore in uno stato come l'Italia dove la cultura e la musica alternativa è bistrattata, arrivando dalla provincia, cercando di avere una credibilità artistica e non avendo un supporto se non il proprio? Ovvio nessuno ci ha imposto di fare quello che stiamo facendo e che abbiamo sempre fatto. Ma solo così ci sentiamo vivi, appagati e realizzati. Ogni giorno che passeremo e che abbiamo trascorso insieme condividendo emozioni ed esperienze sono rinascite. E saremo immortali.
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