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DARK LUNACY

Ciao ragazzi, benvenuti su Hardsounds. Vi prendete sempre diversi anni per comporre e pubblicare i vostri album: abbiamo dovuto aspettare quattro anni per il successore di 'Weaver of Forgotten'. Come si spiega questo lasso di tempo? Cosa é successo nel frattempo ai singoli componenti del gruppo? Mike: Un saluto a tutti i lettori di Hardsounds. Si è assolutamente come dici. Noi produciamo un album ogni 3 – 4 anni perché esso porta con se un mondo che nasce dalle esperienze importanti di chi ti sta parlando. Esperienze che hanno bisogno di essere metabolizzate, plasmate dall’anima e successivamente messe in musica. Questo modus operandi è da sempre il nostro marchio di fabbrica perché abbiamo l’assoluta convinzione che un album, non sia solo un prodotto di consumo ma una parte di te, un capitolo della tua vita che hai scelto di condividere con il mondo che ti circonda. In questo lungo periodo di lavoro, ognuno di noi si è dedicato anima e corpo al disco, mettendo a disposizione tutto il proprio bagaglio tecnico – culturale. Ovviamente non stiamo parlando di quattro anni full immersion. Ci sono stati momenti intensi, alternati a periodi più tranquilli ed in questi frangenti, ognuno ha perseguito i propri interessi personali. Come dicevo, la scelta dei tempi e dei metodi viene decisa in corso d’opera. Quello che fa ogni singolo componente quando non è chiamato in causa è del tutto ininfluente ai fini dell’obbiettivo prefissato. Come descrivereste il vostro nuovo album? Qual è la sua chiave di lettura? Dan: THE DAY OF VICTORY è come un obelisco monolitico spazzato da venti siberiani. Una costruzione monumentale che da lontano può sembrare inespugnabile all’intelletto, ma che da vicino dischiude un’infinità di iscrizioni dai significati profondi, complessi, ora strazianti ora pregni di speranza. THE DAY OF VITORY è gelo del ghiaccio e ardore del fuoco, ruggine e splendore, morte e rinascita. Come tutte le opere multistrato ha diversi livelli di lettura, noi consegniamo le chiavi e forniamo elementi indiziari su dove sia la serratura. Il resto deve farlo l’ascoltatore. Come è stato collaborare col coro della Armata Rossa? Mike: Il coro dell’armata Rossa è per i Dark Lunacy uno strumento a tutti gli effetti. Un arma a nostro servizio che supporta e completa i brani non solo nella parte musicale ma anche in quella lirica. Due mondi all’apparenza contrapposti che se gestiti a dovere, creano la nostra unicità. Lavorare ed interagire con una corale di questa portata, ci rende fieri dell’impresa e…passo dopo passo, noto dopo nota, ci arricchisce sotto ogni punto di vista: professionale ed umano. Nell'ascolto del disco si percepisce la narrazione epica di una Russia gigantesca e vittoriosa, ma spesso sconfitta sotto altri aspetti. Qual è la vostra opinione? Mike: Nella domanda precedente Dan ha descritto l’impronta e la fascinosa personalità dei brani che compongono questo album. Io scenderò nella parte più evocativa. La magnificenza della Russia raccontata sul disco è la testimonianza storica di un passaggio cruciale avvenuto durante l’ultimo conflitto mondiale. Il sacrifico di milioni di uomini e donne che non hanno esitato ad immolarsi a costo della vita, pur di non cedere la propria terra, la propria storia, il proprio domani, a chi voleva strapparglieli con la forza dell’odio. Questo disco però vuole spingersi oltre, mettendo sul piatto non solo il contesto storico narrato sotto forma di cronaca ma anche una riflessione su ciò che è avvenuto dopo e cosa oggi noi possiamo ancora percepire di quell’atto eroico. È vero, oggi la Russia è teatro di paradossi senza eguali. Sistemi sociali allo sbando che hanno offeso e cancellato la memoria dei loro padri eroi. Giovani di allora che hanno pagato un prezzo disumano per dare un futuro ad una generazione che non solo, non ha saputo onorarli e fare tesoro del loro sacrificio…ma gli ha completamente traditi. L’ambizione di questo album – come dicevo – invita ad una riflessione: quella che vede la decadenza della Russia come il simbolo di un degrado globalizzato. Il naufragio di un mondo senza più valori, plasmato e poi annientato dalla cancerogena farsa di una libertà costruita a tavolino dai nuovi tiranni della terra. Intendiamoci, i dittatori, i conquistatori e le loro sacre guerre, le ingiustizie sociali, la disuguaglianza, l’abuso dei potenti sui più deboli, accompagnano da sempre la storia dell’uomo. Ma il paradosso più emblematico è che ancora oggi, a distanza di 25 anni, l’opinione pubblica insiste nel considerare come massimo emblema di libertà il crollo del muro di Berlino. Ed è qui che 'The Day Of Victory' lancia una sfida precisa: cosa è cambiato nel mondo dopo il crollo del muro?…quali guerre, quali carestie, quali ingiustizie sono state evitate. Quali disuguaglianze migliorate e quali sofferenze attenuate. Mai come oggi quella parte di mondo che avrebbe ancora l’opportunità di reagire, è vittima di un illusione camuffata dal nome “libertà”. Poiché libertà senza coscienza, senza memoria e senza umiltà, è solo una parola vuota ed oltraggiosa nei confronti delle vita stessa.

Siete soddisfatti, col senno di poi, rispetto al live in Messico pubblicato l'anno scorso? Come sono i messicani rispetto agli europei e cosa ricordate di quella esperienza? Mike: Un esperienza che ti si cuce addosso. La passione dei messicani è in grado di scaturire un energia che difficilmente può essere descritta. Durante lo show, eravamo investiti da autentiche bordate di volume sprigionato dal boato del pubblico. Sicuramente gran parte di questo effetto è dovuto all’enorme numero di spettatori presenti. Ma oltre a questo, si percepiva un qualcosa di magico a livello d’intesa. Sapevamo di arrivare in un paese nel quale abbiamo un seguito importante e situazioni simili sono capitate anche in occasione del nostro tour nei paesi dell’ex blocco Sovietico. Ma, se in Russia ciò che prevale nei fans è una sorta di affetto motivato principalmente dalla filosofia predicata dalla band, in Sudamerica ciò che emerge è la passione incondizionata verso tutto ciò che siamo a prescindere e da quello che siamo stati in grado di costruire negli anni. Scendendo nelle situazioni più tecniche, posso dirti che i Lunacy hanno trovato una realtà di altissimo livello, a tratti migliore di molte situazioni Europee. Ovviamente non posso fare un paragone attendibile perché il concerto di Città del Messico è stato un evento mirato. Per un confronto vero e proprio bisognerebbe misurarsi sui dati di un tour vero e proprio. Certo è, che in questa particolare occasione, l’organizzazione è stata esemplare sotto ogni punto di vista. Dalla logistica, alla messa in campo di autentici professionisti del settore. Non ultimo il discorso legato alla grande disponibilità economica che ci è stata messa a disposizione e che ci ha messo nelle migliori condizioni possibili. È infatti stato grazie a queste cose che il DVD si è potuto realizzare. Riuscite a trovare collegamenti tra i vostri album? Soprattutto vi riconoscete ancora in quelli passati, rispetto ai musicisti che li hanno composti. Dan: THE DAY OF VICTORY è una sorta di estremizzazione concettuale, musicale ed estetica di una pulsione da sempre presente nella band. Lo vedo come un’estremizzazione di THE DIARIST. Integra al suo interno tutti gli elementi chiave del sound DL, come melodie decadenti, archi e orchestrazioni di varia natura, ma dà centralità ai cori dell’Armata Rossa, che rappresentano l’input creativo attorno ai quali prendono vita i singoli capitoli dell’album. Riguardo alla seconda parte della tua domanda ti premetto che sono in line up fissa da ormai 5 anni e per vari motivi non ho partecipato alla stesura di Weaver of Forgotten, ma ho personalmente speso molto in termini di scrittura e ricerca del sound per THE DAY OF VICTORY: e l’ho potuto fare con criterio e coscienza solo dopo aver metabolizzato il repertorio storico della band, che comunque già conoscevo in quanto le strade degli Infernal Poetry e dei Dark Lunacy si erano incrociate già in diverse importanti occasioni. Si è trattato di metabolizzare e rielaborare, cercando da un lato di evitare strappi laceranti col passato e dall’altro di pompare nuova linfa vitale e verve creativa. In questo senso credo che tutti si sentano in perfetta sintonia con quanto fatto in passato, con la consapevolezza di aver aggiunto forse il tassello più ambizioso. Come si gestisce un batterista come Alessandro Vagnoni, alle prese con mille progetti, e in generale il nucleo Infernal Poetry (Vagnoni + Galassi, uno dei chitarristi)? Alex: Da qualche settimana gli Infernal Poetry non ci sono più, abbiamo purtroppo preso la decisione di ibernarci. A parte questo, non è poi così difficile quando si imposta la propria vita unicamente nel solco dell'attività musicale. Insegno batteria in un Accademia, ho il Plaster Recording Studio (dove l'album è stato registrato e mixato) e per il resto si suona. Il tempo per organizzarsi non manca, anche perché la band ha raggiunto un livello di preparazione tale che ci permette di trovarci direttamente sul palco la stessa sera di un concerto o dell’inizio di un tour. Come scegliete il materiale da inserire in un disco dei Dark Lunacy, rispetto a quello di altre vostre band? Alex: Il materiale lo si sceglie in base al contesto musicale. Quello che non ci è mai mancato è eclettismo, tanta esperienza in studio e in fase di composizione, grazie anche al nostro esteso background musicale, che puoi riscontrare in molte band in cui si è militato (diversissime tra loro). Per questo disco non è stato difficile calarsi nella "parte", cercare di immaginare simili territori sonori. In generale la fase di scrittura e di pre-produzione di The Day Of Victory è stata abbastanza veloce e fluida, dopo i primi 2 brani scritti è venuto tutto da sé. Sentite di aver trovato una formula magica che vi riconduce al vostro sound, oppure pensate che ci siano ancora territori da esplorare? Jack: Sicuramente il sound dei Dark Lunacy ha degli elementi che lo rendono riconoscibile, sebbene sia mutato nel tempo, ma questo non vuole dire che il campo esplorativo debba fermarsi. Siamo sempre alla ricerca di sonorità nuove, a seconda di quello che il concept richiede, che però devono mescolarsi con gli elementi sonori imprescindibili che caratterizzano le nostre canzoni. Ogni album deve essere quindi una storia a sé, ma un filo conduttore sarà sempre presente a legare tutte parti della nostra discografia.
Come si è evoluto lo stile di Mike in questi anni? Mike: Facendo un resoconto di me stesso, sono personalmente orgoglioso di essere arrivato qui dove mi trovo ora. La regola comunque rimane sempre la stessa: avere la consapevolezza che c’è sempre da imparare da chi è migliore di te. Ascoltando la mia evoluzione dai primi album ad oggi, è ovvio che l’esperienza unita allo studio mi hanno portato ad una crescita costante. Motivo in più per farne tesoro e motivarsi ulteriormente nel perseguire i miei obbiettivi. Ancora c'è gente che vi definisce come semplice melodic death. Come rispondereste a questa catalogazione sbrigativa? Jack: Il problema risiede nell’atto di catalogare e fino a che punto si voglia scendere nel dettaglio delle influenze. Non sono un grande fan delle catalogazioni, però, per gli appassionati di tale specialità, sicuramente la macrocategoria è quella del death melodico. Poi chiaramente ci sono dei forti elementi appartenenti ad altri generi, che sposterebbero la definizione verso sottoinsiemi minori, ma non voglio addentrarmi nell’atto di etichettare nel dettaglio quello che facciamo: i Dark Lunacy suonano alla Dark Lunacy, nel bene e nel male. Gli ex della band sono rimasti in buoni rapporti col nucleo attuale dei Dark Lunacy? Mike: Spesso mi vedo con gran parte degli ex membri della band. Non con tutti, ma con la maggioranza di loro, ho ancora un rapporto straordinario. Nella musica come nella vita, quando si prendono certe decisioni, lo si fa perché le esigenze del momento lo impongono. Ma una volta che il tempo ha sistemato le cose, si è trovata la strada giusta, gli animi si placano e si torna ad essere ciò che si era una volta. Aggiungo, dicendo che, se le persone con cui non trovi sintonia, sono comunque persone capaci di ragionare, l’amicizia ed il rispetto reciproco non verranno mai a mancare. Qualunque cosa accada. Andrete in tour per la promozione del disco? Quale parte d'Italia vi è più cara e quale vi incuriosisce invadere con la vostra musica? Mike: A fine estate siamo attesi in Russia per presentare 'The day Of Victory'. Ad ottobre torneremo in Messico, in questi giorni stiamo concludendo le trattative che ci vedranno in Giappone per fine anno. Riguardo all’Italia (come ricordo spesso a chi me lo chiede), “nessuno è profeta in patria”. I locali sono sempre meno e i concerti che facciamo, non hanno lo stesso riscontro che otteniamo all’estero. Dico questo con grande dispiacere perché so benissimo che tanti ragazzi sparsi per il nostro paese, vorrebbero assistere ad uno dei nostri show, ma la realtà con la quale bisogna fare i conti, purtroppo ci costringe a fare certe scelte. Non vi è una zona preferita rispetto ad un'altra. Noi raccontiamo storie russe, ma amiamo il nostro paese e con orgoglio lo portiamo ovunque andiamo nel mondo. A cura di Francesco La Tegola e Francesco Antonio Fragomeni

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