BLIND GUARDIAN
“A night at the opera” aveva deluso molta gente, che lo aveva considerato troppo complesso per essere un vero disco metal. Secondo altri invece quello è stato un notevole passo avanti nell’evoluzione del vostro sound, nel senso che vi siete confermati come una delle poche bands, che è sempre andata avanti nel suo cammino artistico, senza mai proporre cose già fatte. Dal primo ascolto che abbiamo avuto del vostro nuovo album, pare proprio che questa impressione debba essere confermata: che cosa ne dite? Hansi: Le lamentele riguardo “A night At The Opera” sono state fatte da una minoranza, anche se certamente rumorosa. In genere coloro che criticano fanno sempre più rumore degli altri! In realtà abbiamo ricevuto anche molte recensioni positive. Certo, ad alcuni non è piaciuto, ma molti altri l’hanno apprezzato e considerano pezzi come “And Then There Was Silence”, “Battlefields” o Punishment Divine” tra le migliori cose che i Blind Guardian abbiano mai scritto. Ci siamo spinti forse un po’ troppo oltre in termini di complessità su quell’album, che ha rappresentato veramente una sfida, non solo per noi ma anche per l’ascoltatore, poiché era necessario concentrarsi a dovere per poterlo cogliere nei suoi aspetti fondamentali. Nonostante tutto, penso che fosse necessario realizzare un disco del genere per essere in grado di staccarci da “Nightfall In Middle Earth”. Quel lavoro ha rappresentato dal mio punto di vista un disco perfetto, ma avevamo bisogno di realizzare qualcosa di completamente diverso. E certamente “A Night At The Opera” non rappresenta un punto di arrivo: abbiamo introdotto diversi elementi nuovi nel songwriting, ma dall’altra parte abbiamo avuto la sensazione di avere commesso alcuni errori per quanto riguarda il livello dei singoli strumenti e delle voci: abbiamo tenuto infatti tutto sullo stesso piano per cui per il nuovo album abbiamo deciso sin dall’inizio che le vocals, le lead vocals in particolare, avrebbero avuto il ruolo principale. E’ stata la prima cosa che abbiamo deciso, prima ancora di metterci a lavorare, e infatti abbiamo scritto tutte i nuovi pezzi cercando di andare in questa direzione. Dal mio punto di vista, ciò che abbiamo cercato di fare è stato quello di portare tutta la qualità dei precedenti dischi, aggiungendo anche una serie di elementi nuovi. Questo è quello che vogliamo fare: introdurre sempre cose nuove, esplorare nuovi orizzonti, non ci piace copiare noi stessi all’infinito. Sul disco ci sono alcune cose che non abbiamo mai provato prima, ma nello stesso tempo, esse si inseriscono perfettamente nel nostro trademark sonoro. Andrè: Abbiamo avuto la sensazione che “And Then There Was Silence”avesse rappresentato il massimo che potessimo fare dal punto di vista epico. Abbiamo voluto quindi cambiare il concept, perché ci sembrava di aver composto troppe epic songs fino a quel momento. Abbiamo cercato di ritornare alle nostre radici, di comporre canzoni più dirette, abbiamo ridotto le orchestrazioni di chitarra, i cori. Il risultato è stato che siamo venuti fuori con pezzi più essenziali, con chitarra, basso, batteria e voce. Vi siete resi conto di essere entrati a far parte, album dopo album, della vita delle moltissime persone che vi seguono ormai da anni? Hansi: Sì, ce ne siamo accorti ed è assolutamente un grande onore per noi, anche se davvero sorprendente da un certo punto di vista! La funzione principale dell’artista è quella di colpire, toccare la gente, fargli provare delle sensazioni, per cui se riesci a far questo, beh, credo che sia la miglior prova del fatto che quello che stai facendo va bene! E se molte persone sono cresciute con noi, hanno compiuto con noi i nostri stessi passi, credo che sia la prova principale del fatto che non abbiamo mai rinnegato noi stessi. Andrè: Abbiamo sempre cercato di scrivere canzoni con l’idea di far provare delle sensazioni, di trasportare anche chi ascolta nelle atmosfere che intendiamo creare. Pensiamo sempre al fatto che molte persone, ascoltando le nostre canzoni, possano provare le stesse emozioni che noi proviamo a suonarle, ed è una sensazione davvero meravigliosa! Hansi: Parlando del nuovo album, penso che “Fly” sia la canzone migliore per descrivere quello che André ha appena detto: sono stato ispirato da certe cose per scrivere questo pezzo, e adesso ho la possibilità di ispirare altre persone con essa. E credo che alla fine sia questa la ragione per cui uno fa musica. Rimanendo sul singolo, perchè hai scelto la storia di Peter Pan e di “Finding Neverland”? Hansi: Perché mi sembrava ottima. Stavo cercando qualcosa di positivo sebbene qualcuno muoia all’interno del film e anche nella canzone. La storia in sé racconta di Peter Pan che raccoglie alcuni ragazzi che stanno morendo e quindi si tratta di una storia triste. Tuttavia crea delle sensazioni positive nonostante sia una canzone legata al tema della morte. Penso inoltre che Peter Pan sia un personaggio molto positivo e la musica di questa canzone è di stampo molto personale e rappresenta una ribellione perché questo non è forse quello che la gente si aspetta, soprattutto perché “Fly” è stata presa come singolo, anche se si presenta molto diversa dagli altri brani presenti sull’album non solo per quanto riguarda al testo ma anche per la musica stessa. Un altro motivo per cui abbiamo scelto questo brano è la presenza di una seconda versione di “Fly” intitolata “Dead Sound Of Misery” inserita alla fine dell’album come bonustrack. Mi sembrava molto interessante parlare di due argomenti così diversi, uno che riguarda un aspetto felice e l’altro che riguarda la morte, e queste due versioni opposte rappresentano una soluzione ottima. Ci sono altre canzoni che sono state ispirate da fonti letterarie? Hansi: Sì, ad esempio “This Will Never End” parla di un racconto di un autore tedesco. Si tratta di un libro non molto famoso, racconta la storia di questo pittore francese Gustav Thorez che incontra la morte in uno dei suoi sogni, e la Morte gli dice che sta per morire, e lui tenta di trovare una via d’uscita… è una storia molto contorta, ed è da qui che sono venuto fuori con l’idea di chiamare il disco “A Twist In The Myth”, perché se ti accosti alle storie che raccontiamo, ti accorgi che tutto inizia a prendere una direzione diversa da quella con cui eri partito: uno pensa di conoscere la storia a cui ci ispiriamo, ma poi leggendo i testi, ascoltando la musica, le cose cambiano, e potresti uscire con delle conclusioni completamente diverse rispetto all’inizio. Hansi, la cosa che mi ha sempre impressionato di più nel tuo modo di scrivere i testi è che riesci sempre a scrivere cose di grande valore, pur utilizzando temi comunque classici e usuali: come ci riesci? Hansi: E’ una cosa a cui arrivi a poco a poco: quando ho iniziato cercavo a tutti i costi di essere complicato, di scrivere roba sofisticata, ma è stato un fallimento. La verità è che ero troppo vicino alla storia di cui volevo parlare, poi a un certo punto ho iniziato a leggere i poemi ed è stata una rivelazione per come essi riescono a spiegare cose difficili con poche parole forti ma nello stesso tempo anche semplici, per cui ho cercato di portare questa influenza all’interno della mia scrittura. E’ stato comunque un processo lungo, arrivare fino a qui. In che misura il nuovo batterista ha influenzato i brani dell’album? Hansi: E' molto difficile da dire, perché quando è entrato nel gruppo gran parte del materiale era già stato composto. Io e André avevamo programmato e registrato le parti di batteria, le abbiamo portate e lui le ha potenziate. E’ venuto in studio subito dopo essere stato preso, ha ascoltato le cose che avevamo fatto e ha espresso il suo parere, ha dato i suoi suggerimenti. Diciamo che ha importato uno stile più moderno, ma nello stesso tempo legato a quello dei Guardian, che è alla fine la ragione per cui l’abbiamo preso come batterista. Frederik è molto progressive, ma ha anche molto dell’attitudine di Thomen, che era una cosa che volevamo assolutamente mantenere all’interno della band. Diciamo che il maggior contributo apportato da lui al disco sono state le percussioni, il flauto e la cornamusa, che ha avuto lui l’idea di utilizzare e che ha suonato di persona: probabilmente avete riconosciuto la cornamusa in “Carry the blessed home”, lui ha scritto e suonato quelle parti. E quanto forte sarà la sua influenza nei vecchi pezzi dei Blind Guardian? Andrè: Frederik cerca di mantenere lo spirito originale delle canzoni, certo in “Fly” ci sono delle parti differenti, ma in generale non si nota che alla batteria c’è un altro. Hansi: Frederik è stato ed è ancora un grande fan dei Blind Guardian e conosce molto bene i brani. Ha fatto il provino suonando “Time Stands Still”, “And Then There Was Silence”e “Journey Through The Dark” e ascoltandolo e guardandolo ci siamo resi conto che il suo modo di suonare era molto simile a quello di Thomen. Ci ha fatto una grande impressione e inoltre conosceva molto bene il vecchio materiale e quindi era perfetto per registrare le parti di batteria del nuovo album. A questo punto la domanda è d’obbligo: cosa ne pensate del progetto Savage Circus? Hansi: Thomen aveva iniziato a lavorarci prima di lasciare la band, per cui non ha nulla a che vedere con la sua dipartita. Se dobbiamo essere onesti, non è ce ne siamo interessati più di tanto: abbiamo ascoltato soltanto un paio di demo, ben fatte per carità, ma nulla di veramente eclatante. Molte persone ascoltando il disco dei Savage Circus hanno detto che sembrava di sentire un nuovo disco dei Blind Guardian, quindi questo avrebbe potuto colpirvi, oppure no? (Ridono entrambi, ndr.) Andrè: Penso che se una band decide di suonare in maniera non originale non è certamente la giusta maniera per raggiungere il successo. Una band deve trovare il proprio stile e creare la propria musica e se tu vuoi ottenere il rispetto della gente devi seguire questa via che è certamente la migliore. Hansi: A ogni modo non sta a noi giudicare. Probabilmente voi siete l’unica band metal che ha cercato di andare oltre il semplice concetto di heavy metal album dopo album. Che cosa pensata a proposito del futuro dell’heavy metal, c’è ancora qualcosa da scoprire o da inventare? Hansi: Siamo ancora dei grandi fans dell’heavy metal, ma devo ammettere che molte band non hanno nulla di nuovo nelle loro composizioni perché sono convinti che il suono pesante, tipico degli anni ottanta debba essere sempre presente all’interno del songwriting metal e usano sempre gli stessi modelli. Invece noi, così come molte altre band, pensiamo che non ci sia nulla di male nell’assimilare altri schemi che magari non sono così comuni nell’heavy metal, ma che si possono adattare molto bene a questo genere. Forse è proprio questo il segreto della composizione e penso che noi siamo una delle poche band che sia riuscita in questa cosa. Tra i fan e i musicisti c'è un concetto diverso di evoluzione, di velocità e di dinamica e molto spesso questi concetti si confondono tra loro. Se si analizza a fondo quello che noi suoniamo si trovano molti elementi legati alla musica celtica, oppure parti più progressive come capita in “Another Stranger Me” o in “Fly”. Aggiungiamo sempre dei nuovi elementi, rimanendo comunque sempre legati all’heavy metal. Bisogna cercare di fare propri nuovi elementi, ma allo stesso tempo bisogna adattarli al proprio stile. Andrè: Il tempo passa e bisogna cercare di coglierne lo spirito: quello che c’è intorno a noi, ogni giorno ogni cambia e dopo cinque anni non puoi fare le stesse cose; ogni cosa cambia e bisogna andare avanti tenendo conto di tutto quello che ti circonda, si devono capire e vivere i cambiamenti e quindi di conseguenza cambiano anche i sentimenti e la propria musica. Se vuoi provare ad essere “vero” e vivere in questi tempi devi provare ad esprimere il tuo sound in maniera moderna mentre se guardi al passato, agli anni ottanta, non è certamente la via giusta. Hansi: Vorrei aggiungere ancora una cosa: credo che molti fans si aspettino che i Blind Guardian si comportino in questa maniera. Non credo realmente che la gente apprezzerebbe se facessimo un altro “Imaginations From The Other Side”. Beh certo, forse è in assoluto il miglior album mai suonato dai Blind Guardian ma se lo facessimo diventerebbe una copia sputata risultando quindi un fallimento. Questo è molto importante per noi in quanto siamo dell’idea di rimanere legati alle idee che abbiamo avuto in passato, ma cerchiamo comunque di fare sempre nuovi passi in avanti utilizzando nuovi elementi per creare uno stile proprio dei Blind Guardian. Avete mai sentito pressioni facendo il vostro lavoro? Paura di non soddisfare pienamente le aspettative della gente? Hansi: No, non abbiamo mai cercato di essere “fashion”, anche se poi in qualche modo questo è successo. In realtà occorre avere una grande apertura mentale e concentrazione per apprezzare appieno quello che proponiamo, non è certo musica per tutti! Di conseguenza non abbiamo mai cercato di essere una band da milioni di dischi venduti… abbiamo sempre cercato di essere noi stessi e di non ascoltare troppo quello che altre persone dicevano sul nostro conto perché nel momento in cui cerchi di replicare a quello che altre persone dicono, alle loro lamentele, hai già perso in partenza! Abbiamo sempre avuto un certo stile di composizione, e abbiamo sempre avuto bisogno di molto tempo per realizzare un nuovo album, e non abbiamo mai sentito pressioni per questo, ci siamo presi sempre tutto il tempo che occorreva… Andrè: Di solito, ogni volta che chiudiamo un mix siamo sempre molto soddisfatti di quanto abbiamo fatto, non abbiamo mai rimpianti alla fine di un lavoro! So che registrerete un album orchestrale in futuro… ce ne potete parlare? Hansi: Probabilmente è il progetto più ambizioso a cui abbiamo mai lavorato fin’ora, ma non è ancora finito. Si tratta di musica classica orchestrale legata allo stile dei Blind Guardian. La differenza sta proprio nel fatto che la musica è stata composta per un’orchestra e io canto in uno stile più adatto ad una “rock opera”. Stiamo ancora lavorando a questo progetto e credo ci vorranno ancora circa diciotto mesi per vederlo finito. Il songwriting è già praticamente finito. Andrè: Circa il 90% delle cose sono state fatte si. Hansi: Direi che questo album potrebbe essere il successore di “Nightfall in middle earth”: ha un andamento molto celtico ed orchestrale ma non è così heavy come “Nightfall”. Andrè: La musica, completamente basata su storie fantasy vi porterà nel mondo di Tolkien. Secondo me è musica fantastica, la migliore che abbiamo mai scritto! Avete appena cambiato casa discografica: quali sono gli aspetti che vi hanno portato a prendere questa decisione? E’ stato difficile dopo tutti questi anni alla Virgin? Hansi: E’ accaduto a causa dei problemi che abbiamo avuto con il dvd. Non volevamo certo andare sotto un’altra major, per cui abbiamo sentito un po’ tutte le più grosse label indipendenti e alla fine abbiamo deciso di accasarci con la Nuclear Blast. E’ stata la scelta migliore, sono molto ambiziosi, totalmente devoti all’heavy metal e sembra che capiscano esattamente quello che vogliamo ottenere come artisti mediante la nostra musica: con loro dunque non è solo una questione di dischi venduti, ma anche di qualità. Che cosa è accaduto esattamente con il dvd? Hansi: Oh, semplicemente che il giorno che avevamo schedulato per l’uscita, e che di solito per una band heavy metal rappresenta il punto più alto di guadagno, il prodotto non era nei negozi! Hanno avuto alcuni problemi di fabbricazione, ma la cosa grave è che non sono riusciti a reagire in tempo per trovare una soluzione e soprattutto ad avvisare il pubblico del ritardo! Ok, è accaduto per un disco live, per cui era una cosa che potevamo tutto sommato accettare, ma se la cosa fosse capitata per un nuovo disco, su cui investi anni della tua vita e molti dei tuoi soldi… così gli abbiamo detto che desideravamo interrompere la collaborazione perché non avremmo tollerato che un altro incidente come questo si verificasse di nuovo, e loro ci hanno risposto che eravamo liberi di andarcene! Andrè: Quella del dvd non è stata l’unica cosa, ci sono stati anche altri aspetti del loro lavoro che non ci hanno soddisfatto per nulla. Metti insieme tutto e ottieni una motivazione abbastanza grossa per andarsene. Scrivendo i brani del nuovo album avete tenuto in considerazione l’aspetto live dei pezzi? Hansi: E’ da “Somewhere Far Beyond” o da “Tales From The Twilight World” che ne teniamo conto. Tuttavia durante la fase compositiva l’aspetto live non è molto considerato. Pensiamo che se un pezzo abbia bisogno di qualcosa in più noi dobbiamo fornirglielo. Realizzando canzoni troppo complesse come in “A Night At The Opera”, ci siamo resi conto delle possibilità e dei limiti solo durante il songwriting e quindi è stato ovvio che in questo nuovo album non ci sarebbe stato un muro di chitarre oppure un muro di cori. Da questo punto di vista, anche se non le abbiamo ancora suonate dal vivo, credo che un 70/80% dei pezzi sia abbastanza semplice da riproporre dal vivo. Andrè: A mio parere i nuovi brani sono più legati alle origini della nostra musica presentandosi quindi più diretti. Sono quindi molto più facili da suonare. Abbiamo provato a suonare “Fly” che è il brano più difficile da riproporre dal vivo e abbiamo ottenuto un sound molto “groovy”, molto rock. L’abbiamo suonata ad Instanbul e a Mosca e i fan hanno apprezzato moltissimo. Di solito quando proponiamo un brano inedito, come nel caso di “Imaginations” o di “Nightfall” la reazione del pubblico era sta molto tranquilla, mentre “Fly” è stato il brano che a coinvolto fin da subito tutti i presenti. Hansi: ”Fly” rappresenta qualcosa di diverso e di differente ed è molto interessante riproporla dal vivo. Avete intenzione di fare un’altra edizione del Blind Guardian Open Air? Hansi: Sì, ma è una cosa per cui abbiamo bisogno di un bel po’ di tempo! Non è una cosa usuale per una band essere impegnata in prima persona anche con l’aspetto manageriale di questo lavoro. Abbiamo già lavorato alla prima edizione e sappiamo benissimo che tipo di lavoro c’è dietro una cosa del genere! Avremo dunque bisogno di qualcosa di veramente speciale per venire fuori con una seconda edizione, e allora credo che l’uscita del disco con l’orchestra possa rappresentare l’occasione adeguata: permetterà di portare sul palco almeno per una volta quel lavoro per intero… Cosa potete dirmi riguardo all’artwork del disco? Hansi: Come era già accaduto con il singolo anche la copertina di “A Twist In The Myth” è stata disegnata da Anthony Clarkson artista molto influenzato da Andreas Marschall, che ha curato le nostre precedenti copertine. Quello che potete vedere sulla cover è un bellissimo paesaggio con al centro un portale verso un altro mondo. Questa cover è molto bella ed è parecchio differente rispetto allo stile di Marschall. Penso che sia una cover unica, in grado attrarre la gente. Perché vediamo sempre più raramente Andreas Marschall dipingere copertine di gruppi tedeschi? È una questione di soldi oppure altro? Andrè: Ha cambiato lavoro, diventando un produttore video. La pittura è diventata un po’ come il suo secondo lavoro, una specie di hobby. Durante gli anni ottanta era molto coinvolto ed era il disegnatore di molte copertine metal ma oggigiorno credo che sia molto più interessato nella produzione di video. Hansi: Credo che sia il migliore da un certo punto di vista. Ha raggiunto il massimo con copertine come quella di “Somewhere far beyond” o di “Imaginations from the other side” per il grande numero di dettagli. A parte film e libri quali sono gli altri temi che ispirano i tuoi testi? Hansi: Diciamo che un po’ tutta la mia vita ispira i miei testi. È difficile da spiegare: a volte qualcosa di quotidiano, altre volte l’ispirazione viene da mio figlio, non che mio figlio diventi protagonista dei miei testi, però a volte mi porta a pensare a determinate cose come ad esempio l’essere padre oppure anche semplicemente quando ti dice qualcosa. Si tratta di diversi pensieri a volte anche di piccole cose. Ad esempio il testo di “Down Where I am” dei Demons & Wizards è nato un giorno quando ho incontrato un ragazzo al supermercato con cui parlavo già da tempo: egli mi disse che aveva un bambino con la sindrome di Down, mi raccontò la sua storia chiedendomi poi di farne una canzone e io gli risposi semplicemente che forse lo avrei fatto. Avete mai pensato di registrare un album acustico con nuovo o vecchio materiale? Andrè: Ci abbiamo pensato nel 1998, quando abbiamo fatto un tour acustico in Sud America, ma poi abbiamo realizzato che forse non era proprio il momento adatto, visto che molte band stavano uscendo con prodotti di questo tipo. Hansi: Se mai lo dovessimo fare, sarà una cosa simile al disco con l’orchestra, vale a dire che tutta la musica sarà composta esclusivamente per essere suonata con strumenti acustici. André, quali sono le tue principali influenze come chitarrista? Non mi sembra di avertene mai sentito parlare più di tanto… Andrè: Non ho mai pensato di essere stato influenzato più di tanto da altri chitarristi: quando suono tendo a concentrarmi sulla musica dei Blind Guardian e basta. Certo, quando ho iniziato a suonare heavy metal, il primo chitarrista che mi ha impressionato veramente tanto è stato Michael Schenker, poi Eddie Van Halen, Brian May, Ritchie Blackmore… era l’inizio degli anni ottanta, dopo è venuta gente come Marty Friedman, Steve Vai… tutti i nomi che ho fatto adesso hanno stili completamente differenti l’uno dall’altro, per cui capirai come sia difficile per me dire chi mi abbia influenzato di più e in che modo. Sicuramente sono tutti musicisti meravigliosi! Suoni con un’accordatura standard o sei più basso? Andrè: No, sono un semitono sotto. Ci sarà un altro singolo dopo “Fly”? Hansi: Sì, il prossimo singolo sarà “Another Stranger Me”; abbiamo deciso per questo brano perchè oltre a “Fly” pensiamo che sia una delle canzoni più particolari di questo nuovo album. Anche questa è molto rock ma molto diversa dalle altre. Le liriche parlano a proposito di un ragazzo schizofrenico il quale dopo essersi reso conto di possedere diversi aspetti del suo io interiore, cerca di trovare una situazione di pace ed equilibrio. Purtroppo non riesce ad ottenere quello che cerca perchè non trova il modo di controllare le sue attitudini violente. Questa situazione nega l’esistenza di questo ragazzo il quale non ha la possibilità di vivere una vita normale. Per questa canzone gireremo anche un videoclip. Su questo nuovo singolo sarà inoltre presente la cover di un pezzo dance anni settanta, “Dream a little dream of me” dei The Mamas and the Papas. Per l’edizione giapponese ci sarà anche una ballad e altro materiale come delle canzoni registrate in versione demo.
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