ALABAMA THUNDERPUSSY: FULTON HILL
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24/06/2004Continua la coraggiosa ed apprezzabile politica della Relapse di mettere sotto contratto band che propongono un stile totalmente al di fuori dei canoni del mercato. Dopo i validissimi Zeke, è il turno degli Alabama Thunderpussy, band di Richmond, Virginia, con già all'attivo diversi album ed una reputazione sempre in crescendo. Suonando un rock 'n roll classico ma fumoso, sporco e pesante, i riferimenti sono quelli soliti, dagli AC/DC ai Black Sabbath, al southern rock in genere. Quello che per certi versi rende caratteristica la proposta del gruppo è la voce di Johnny Throckmorten, cosi cavernosa, roca ma abrasiva e furente che tende a trasportare le song verso profondi abissi ben oltre l'umana concezione, quella che si potrebbe considerare avendo tra le orecchie un disco del genere non comune a tali discese. Cosa che purtroppo non si verificherà in futuro in quanto Johnny ha lasciato la band dopo le registrazione del disco. "Fulton Hill", comunque, è molto altro. Le sue ritmiche sincopate, la produzione sgraziata, le accordature degli strumenti talmente basse da sfiorare le fiamme dell'inferno, e sprazzi di giri armonici costruiti in contemporanea dalle due chitarre che giustamente, come scritto nella presentazione del CD, hanno riminiscenza thinlizzyane, lo rendono un disco alquanto sinistro, possente, nonostante le aperture melodiche e la presenza di tanto in tanto di chitarre acustiche ed organo come nella migliore tradizione blues-southern("Three Stars"). La sola "R.R.C.C."(così come "Bear Baiting"), crea danni sia fisici sia cerebali, animalesca, malefica, maldestra come un lupo mannaro ubriaco di Jack Daniels che si aggira per le strade con la bottiglia in mano. A tale furia non mancano episodi più ragionati e pacati come la semi-ballad "Alone Again" e l'acustica e malinconica "Do Not", o più diretti e lineari come la successiva "Lunar Eclipse" che sembra un brano scritto da Lee Dorian ed interpretato a loro modo dalla band: un riffone stoner/doom che martella la schiena spezzandola in due. Non c'è che dire, un grande disco.
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