ZAR: Don't Wait For Heroes
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08/07/2016Sconosciuti ai più, i teutonici Zar hanno comunque alle spalle una storia abbastanza lunga. Fondati nel 1989 dal chitarrista, produttore e compositore Tommy Clauss, diedero vita circa un anno dopo al debut album 'Live Your Life Forever' che vedeva alla voce niente meno che l'ex Huriah Heep John Lawton, un lavoro assai apprezzato dagli addetti ai lavori. E così, tra alti e bassi, scioglimenti e ricostituzioni si arriva ad un nuovo atto, tredici anni dopo 'Hard To The Beat'. Della precedente formazione oltre al boss è rimasto solo il drummer Lars Nippa mentre le parti vocali sono prese in carico per la prima volta dal mastermind Tommy, una scelta dettata magari da esigenze di spending review, ma che a conti fatti si rivela davvero ben poco felice. E' proprio il cantato il primo grave limite, troppo statico e privo di determinzaione che non riesce minimamente a dare impulso ad una struttura musicale ridotta all'abc e anche il lavoro alla consolle di Alex Krull si rivela decisamente insufficiente, una produzione leggerina, forzatamente datata e carente in termini di dinamismo. Alcuni brani potremmo anche apprezzarli, quelli tipicamente dal carattere hard 'n' heavy nonostante la ripetitività sia sempre in agguato e la voce di Clauss alla lunga veramente stancante, ma quando gli Zar decidono di uscire dal guscio si scivola nel cattivo gusto come in “Blood Means War” dove Clauss si cimenta in un cantato quasi rap-style dagli esiti sconfortanti oppure in "Konsuke", una successione stucchevole di arpeggi e guitar solo acustico orientaleggianti che ci fanno cadere tra le braccia di Morfeo, brano che ci conduce alla conclusiva strumentale "Storm", un flusso di note tutt'altro che tempestoso che in realtà è un semplice esercizio di esecuzione di scale, triste epilogo di un'opera che presenta crepe a partire dalle fondamenta.
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