UNITA' DI PRODUZIONE: Abisso
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29/03/2018Non sembra facile uscire da quegli anni in cui la sperimentazione e l’alternativa prendevano il sopravvento nella musica rock e pop, soprattutto europea, ed ancor più soprattutto anglosassone. Durante gli anni varie band italiane e non hanno riproposto, con alterni risultati, quelle sonorità figlie di un modo nuovo di uscire dagli schemi standardizzati. In Italia, i Diaframma negli anni ’80, e gli Afterhours negli anni ’90 (giusto per fare gli esempi più evidenti) hanno cercato di farsi portavoce di quelle rispettive correnti che hanno portato la new wave/post-punk dapprima, e il rock alternativo poi, a farsi largo con vigore nella scena musicale indipendente. A queste rinomate ispirazioni prendono particolare spunto i bergamaschi Unità di Produzione, nome particolare che prende spunto ovviamente da uno dei cavalli di battaglia dei C.S.I., e che può richiamare proprio il settore produttivo tipico delle fabbriche inglesi, dove le sonorità punk e post-punk hanno preso avvio. In questo loro album di debutto ‘Abisso’ (che segue l’EP ‘Monolite’ del 2016) i ragazzi bergamaschi cercano di raccontare storie che si posizionano tra la vita vissuta e il surreale, e lo fanno dosando in maniera certosina le parole ed i versi, e donando alla propria struttura musicale un giusto spazio. Le melodie ripercorrono fortemente le ispirazioni già dette in precedenza, con la voce di Elvis Ghisleni (mastermind della band che si occupa della maggior parte degli strumenti) che si presenta quando acida e stralunata, quando profonda nelle parti più introspettive. Le parti musicali ad opera sia sua, che soprattutto di Davide Ghisalberti alle chitarre, rispecchiano molto le correnti alternative ed il concetto di ‘introspezione’, risultando mai sopra le righe, e creando delle atmosfere dal sapore tendente al grigio. In questo interessante debutto spiccano alcuni pezzi, come “Annibale”, degno esempio di surrealismo tradotto in musica, dove nella seconda parte del brano entra in scena un connubio tra basso/batteria/chitarra della band ed i sussurri dell’ospite Serena Caponera che riescono a penetrare anche gli animi più duri; e la preziosa “Intenti”, densa di una fredda malinconia data dall’immagine degli alberi spogli delle pianure lombarde, immersi in foschie accennate che donano una sensazione di riflessione profonda che ricorda, con i dovuti limiti, alcuni passaggi degli Anathema anni ’90. Non solo alternative rock profondo: in qualche sprazzo di ‘Abisso’ trova spazio anche il post-hardcore viscerale, come nella breve ma intensa “Giu la testa!”, che in meno di due minuti riesce a sintetizzare la fame di vendetta sociale che la band vuole sprigionare, e nella fulminea “Dizione e disciplina”, un brano che per la sua cattiveria nichilista può benissimo fare parte del repertorio degli Hate & Merda. Con limitate risorse a disposizione, che in fin dei conti sono un elemento strutturale dell’underground italiano, gli Unità di Produzione sono riusciti a tirare fuori comunque un lavoro più che dignitoso, dove hanno potuto contribuire diversi musicisti oltre alla band, con un lavoro di produzione che si rivela discreto, e che può e deve essere migliorato in futuro, a patto che venga dato a loro un maggiore supporto che non sia limitato ai soliti sparuti gruppi di amici del giro dei localini e dei centri sociali della provincia lombarda.
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