MISTRESS: IN DISGUST WE TRUST
data
28/11/2006Pensateci bene: Birmingham è la città che in un certo senso ha dato i natali all'heavy metal con i Black Sabbath, e che non molti anni dopo ha partorito i Napalm Death, una band che l'heavy metal se lo è brutalmente divorato vomitando quell'ammasso disgustoso e deforme che verrà definito da Mick "Human Tornado" Harris grindcore. Difficile per un gruppo che nasce in quello stesso humus confrontarsi con due band che in modi e periodi diversi hanno creato scompiglio lasciando un'impronta indelebile nella storia della musica, o non musica a seconda di chi si parla. I Mistress per dirla come Bukowski fanno semplicemente il loro modesto gioco, "dilettandosi" con quel crust\grind nato di pari passo con Earache Records, tanto che fu inevitabile un matrimonio passionale che, come tutte le passioni amorose, ebbe fine quando l'interesse per un certo tipo di musica cominciò a scemare con conseguente scioglimento di gruppi ecc. Non è un caso che gran parte dei riferimenti musicali dei Mistress vada ripescato proprio nel catalogo Earache: Napalm Death, Brutal Truth, Extreme noise terror, Terrorizer (copertina inclusa) e Bolt Thrower in primis. Ma in “In Disgust We Trust” non c'è solamente una riproposizione classica del crust\thrash\grind di fine anni '80 inizi '90, ma anche una pregevole volontà - che ha preso piede negli ultimi anni - di imbastardirlo con altri stili: come ad esempio quello sludge polveroso che tanto piace ai Soilent Green o ai connazionali Raging Speedhorn. Ed ecco che quindi sporchi riff sudisti si mischiano a ritornelli hardcore e all'urletto alla Rob Halford (o Eric Adams) come in "Talking To God (on a Microphone Made of Steel"), sempre con lo stile di chi ti sta tirando una scarpata nel culo. “At Arms Lenght” puzza di Brutal Truth lontano un miglio, ma dopotutto stiamo di una band che quando fece uscire i propri dischi era già talmente avanti che quando si azzardava a guardava indietro si ritrovava già nel futuro, ed è innegabile che abbia ispirato gran parte della musica estrema che ne è seguita. “In Disgust We Trust” oltre ad esprimere un concetto in cui ci ritroviamo in pieno, è un album sporco, ma di quella sporcizia grassa e appiccicosa. Talmente appiccicosa da farvi raggiungere almeno la doppia cifra di ascolti prima di mollarvi.
Commenti