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IMPERIAL TRIUMPHANT: Abyssal Gods

data

11/04/2015
68


Genere: Black Metal
Etichetta: Code 666
Distro:
Anno: 2015

Davvero difficile oggi riuscire a proporre qualcosa di nuovo, di originale o quanto meno che mostri una forte personalità compositiva. Chi ci è riuscito negli ultimi anni ha praticamente creato un genere, diventandone ufficialmente l'ideatore. Pensiamo ai Tool per esempio, o i Meshuggah, band che col proprio stile hanno allargato la propria influenza a decine di altre realtà, smorzandone sul nascere ogni tentativo di risultare un minimo fuori dagli schemi. In ambito estremo, senza alcun dubbio, sono i francesi Deathspell Omega ad aver creato un solco, una linea che chiunque proverà a superare, finirà per rimanere schiacciato dal paragone con il mostruoso combo d'Oltralpe. Ecco quindi che coraggiosamente, ma anche con un bel po di presunzione, gli statunitensi Imperial Triumphant per il loro secondo album, puntano ancora più in alto, scomodando un simbolo della musica classica postmoderna d'avanguardia, Krzysztof Penderecki. Per chi non lo sapesse, è il compositore polacco dal quale Kubrick ha preso alcune parti da sue composizioni come 'Utrenja' e 'Polymorphia' per rendere ancor più terrificanti e incisive le tensioni visive che inquietano il suo capolavoro, Shining. Il risultato è sicuramente ammirevole, ma ovviamente troppo ambizioso. Non basta devastare il songwriting con riff quasi cacofonici e armonie distorte all'inverosimile, oppure suonare con due batterie o eliminare qualsiasi minimo refrain; non funziona così! Sicuramente ad un primo ascolto l'effetto distruttivo e alienante arriva, soprattutto nell'opener “From Palace”, il brano che meglio descrive l'obbiettivo sonoro della band, grazie alla presenza, intelligentemente messa in poca evidenza, di orchestrazioni ispirate al maestro Penderecki, il quale viene 'omaggiato', per non dire plagiato, anche nella conclusiva strumentale “Metropolis”. Ottima invece l'accoppiata “Krokodil” - “Twins”, dove qualche riff di scuola Gorguts riesce a dare una maggior consistenza ai brani, facendoli uscire da quell'ossessiva ricerca di chaos, un po fine a se stesso. Lavoro senza dubbio interessante, ma riuscito a tratti.

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