Hypocrisy: End Of Disclosure
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29/03/2013Instancabile stacanovista del metal, Peter Tagtgren sembra non trovar mai pace e sente perennemente la necessità di esternare (o, più propriamente, eruttare) il vulcano di idee che da una vita ormai alberga dentro sè. Di conseguenza, accantonato momentaneamente il progetto Pain (da poco sul mercato col monumentale dvd 'We Come In Peace'), rispolvera quella che da sempre è la parte preponderante della sua anima, gli Hypocrisy, dando alle stampe il successore del fortunato 'A Taste Of Extreme Divinity' di ormai ben quattro anni fa. Dunque 'End Of Disclosure' si presenta ai nostri padiglioni auricolari attraverso un trittico iniziale micidiale, capeggiato dalla potente ed atmosferica title track (che col suo maestoso incedere ci riporta indietro di ben quattordici anni rievocando il ricordo di "Fractured Millenium", brano di apertura dell'omonimo disco datato 1999), seguita dall'arcigna e letale accoppiata composta da "Tales Of Thy Spineless" e "The Eye", perfetto compendio di quello che è l'universo targato Hypocrisy: stavolta è il masterpiece 'The Final Chapter (1997) ad essere tirato in ballo e la sensazione all'ascolto è proprio quella di aver a che fare con delle tracks direttamente estratte dal songbook di quell'imprescindibile capolavoro del death metal svedese. Il resto del disco, poi, si dipana in altre sei composizioni che alternano melodiche cavalcate death ("United We Fall" e "44 Double Zero") e minacciosi e granitici mid tempo ("Hell Is Where I Stay", "Soldier Of Fortune", "When Death Calls" e "The Return") che però non riescono a mantenere il livello di eccellenza della prima parte dell'album a causa di un songwriting fin troppo statico e stanco che relega 'End Of Disclosure' a quella fascia di lavori notevoli e di rilievo sulla carta, ma mediocri ed incompiuti all'atto pratico. Discorso a parte merita, ovviamente, tutto il lavoro di produzione ed arrangiamento (in cui Tagtgren è ormai maestro consolidato ed incontrastato da tempo immemore) corredato com'è da suoni nitidi, grassi, potenti e devastanti e da un perfetto bilanciamento della resa sonora dei singoli strumenti che ha ogni volta dell'incredibile e che, da solo, letteralmente "regge" l'intero disco, anche laddove magari la qualità del brano in sè non è propriamente delle migliori. Peccato che questo non basti: avrebbe potuto infatti essere un assoluto highlight di questo 2013 metallico ed invece si rivela solamente un discreto lavoro e nulla più, la maggior parte delle cui tracce molto probabilmente non lascerà alcun segno in noi già nell'immediato e soprattutto negli anni a venire.
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