HEAVENSGATE: A Heart Is A Heavy Burden
data
12/12/2025Gli Heavensgate tornano con 'A Heart Is A Heavy Burden', un EP che pare voler celebrare l’industrial più asettico, freddo e sintetico, peccato che finisca per sembrare più un test di insonorizzazione che un lavoro compiuto. L’atmosfera è effettivamente glaciale, da impianto di sterilizzazione industriale, e su questo nulla da ridire: è un’estetica voluta. Il problema è che la produzione, per quanto spinta a livelli imbarazzanti, suona comunque morbida, ovattata, priva di quel minimo di nitidezza che un disco così pesante dovrebbe avere per respirare. Le chitarre a nove corde stanno così alte nel mix che si impastano col basso in una zuppa sonora in cui non si distingue più nulla. La batteria? Una comparsa. È talmente bassa che sembra suonata da un robot timido, e la scelta della frequenza della cassa è quasi comica: un colpo che dovrebbe perforare lo stomaco, ma qui rimane un "bump" distante, come se provenisse dall’appartamento sotto il tuo. Sul fronte del songwriting gli Heavensgate si affidano ai soliti riff monocorda, quel djentismo minimalista che pretende di essere ipnotico, ma che senza idee forti diventa solo monotono. I Meshuggah queste cose le facevano vent’anni fa con 'Nothing', e davano la sensazione di aprire portali interdimensionali. Qui il portale è spalancato, ma purtroppo dà su un corridoio già visto mille volte. E poi, come un fulmine a ciel sereno, arrivano "Petrichor" e "Darling Blue": improvvisamente la band si ricorda che esistono le melodie, gli accordi interi, le linee emotive. Sono due pezzi quasi estranei al resto dell’EP, ma proprio per questo risultano una boccata d’aria. Non fanno gridare al miracolo, però dimostrano che la band sa creare atmosfere più ricche quando vuole. A chiudere abbiamo "A Fawn Flayed", traccia pesante, meccanizzata, ma finalmente più leggibile. Paradossalmente è la più facile da ascoltare, nonostante la sua ferocia: un brano che almeno ha un’identità chiara e non soccombe sotto le scelte produttive precedenti. 'A Heart Is A Heavy Burden' è un lavoro ambizioso che si arena sulla produzione e su una scrittura che raramente rischia. Alcuni buoni momenti ci sono, ma arrivano tardi e in modo troppo discontinuo. Rimane la sensazione di un’opera che avrebbe potuto colpire davvero, ma che si ferma un passo o due prima.


Commenti