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HAIL SPIRIT NOIR: Eden In Reverse

data

27/06/2020
59


Genere: Progressive Psychedelic Rock, Post-Black Metal
Etichetta: Agonia Records
Distro:
Anno: 2020

I Greci Hail Spirit Noir e la loro casa discografica non sono avari di parole quando si tratta di definire il genere proposto dalla band, e ritrovarsi quindi di fronte ad una produzione fuori dagli schemi ordinari non è sorprendente. La componente psichedelica del loro sound li collocherebbe come immaginario a cavallo fra gli anni sessanta e settanta, e tale parrebbe essere anche il responso di chi ha familiarità con la loro produzione precedente. Su questo lavoro il loro (black) prog rock/metal si colloca invece idealmente un decennio più tardi, a ridosso degli anni ottanta e la breve traccia introduttiva, con le sue keyboards che paiono uscite direttamente da un videogioco dell'epoca ("Ghosts And Goblins" rende abbastanza l'idea) lo palesa immediatamente in modo evidente ed irritante. Si, perche l'insolito accostamento fra questo post rock/metal e qualcosa di cosi cheesy come direbbero gli anglofoni, risulterà per la quasi totale durata del lavoro un ostacolo pressocchè insormontabile. Non che manchino le idee, "Incense Swirls" e soprattutto "The First Ape On New Earth" sono tracce notevoli, che svariano fra i resti di un black metal che fu, ben prima dell'inizio della carriera dei greci, e divagazioni di ogni genere, ma con le keyboards relegate ad un ruolo, fortunatamente data la loro atipicità, gregario, e che nel secondo pezzo citato ricordano a tratti qualcosa di più familiare, nientemeno che i prog metallers per antonomasia Dream Theater. Ma l'improbabile intro e le tre tracce centrali del lavoro (con "Crossroads" forse da salvare, perchè pur essendo tragicamente dipendente dalle tastiere come le altre due, ha tuttavia ben più contenuti) lasciano sconcertati e ci si aggrapperebbe volentieri, per valutare più positivamente un lavoro che non è negativo in senso stretto, essendo anzi ricco di spunti, alla possibilità di stare valutando qui il lavoro in un contesto non appropriato allo stesso. È un dubbio che li rimane, insieme alle ultime sensazioni che ci lascia la traccia finale "Automata 1980": l'appropriatissimo titolo palesa, qualora ci fossero stati ancora dubbi, la fonte di ispirazione dei nostri. Il pezzo, a trazione tastieristica, ha paradossalmente una più evidente ragion d'essere, non facendo mai mistero del fatto che è quello che è. Nel contempo, il resto della strumentazione riesce anche ad aggiungere qualcosa di atmosferico e le keyboards evidentemente anni ottanta risultano, per la prima volta nel corso del lavoro, credibili e contestualizzate. Un'opera per larghi tratti sconcertante.

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