BURNING RAIN: Epic Obssession
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21/05/2013Sono passati ben tredici anni dall'uscita di 'Pleasure To Burn', un lasso di tempo davvero considerevole in cui Doug Aldrich ha comunque avuto modo di raggiungere la sua piena maturazione come artista con i Dio e la definitiva consacrazione con i Whitesnake dove tuttora milita. Attualmente in pausa da impegni discografici e di attività live con la band di David Coverdale ha deciso di rimettere in piedi i Burning Rain richiamando il suo vecchio amico Keith St. John, e arruolando Sean McNabb al basso al posto del precedente Ian Mayo, mentre per il ruolo di batterista si è affidato per lo più a Matt Starr (ex Ace Frehley Band), e ad altri session men come Brian Ticky e Jimmy D'Anda. Tanta era la curiosità di rivedere all'opera questa coppia di musicisti di notevole spessore artistico dopo una così lunga pausa di silenzio (come Burning Rain) e le aspettative, è bene precisarlo fin da subito, non vengono deluse anche se forse non si raggiunge il picco qualitativo del disco precedente. La band si presenta ancora una volta molto compatta e ben amalgamata nei suoi componenti somministrandoci con la solita consapevolezza, senza accollarsi particolari rischi, la solita gradevolissima formula di hard rock dal gusto blueseggiante, a tratti impetuoso come ampiamente dimostrato nelle terremotanti e sleazy-oriented "Sweet Little Baby Thing"), "Till You Die" e "Ride The Monkey". Se brani come questi sono la condizione basilare per conferire al lavoro la necessaria impronta di dinamismo e potenza per chi avesse la necessità di fruire di atmosfere rilassanti ci pensa una ballata semi acustica come "Heaven Gets Me By" che riporta alla luce "Can't Find My Way Home" degli House of Lords periodo 'Sahara' (in cui il ruolo di chitarrista fu affidato proprio ad Aldrich), la malinconica "Too Hard To Break" e "Forevermore" dagli evidenti influssi Whitesnake, comunque non troppo entusiamante. I patiti dei Led Zeppelin, tributati nella riproposizione di "Kashmir", troveranno spunti di interesse nelle efficaci "When Can I Believe In Love" e "Our Time Is Gonna Come" ben valorizzate dalla calda e al contempo maschia voce di St. John lasciandoci nel complesso piuttosto soddisfatti, anche se viste le qualità tecniche e compositive dei nostri un pizzico di impegno e di personalità in più non sarebbero certo risultati cosa sgradita.
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