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ANUSEYE: Right Place Wrong Time

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28/10/2023
81


Genere: Stoner, Psych, Heavy Rock
Etichetta: Go Down Records
Distro:
Anno: 2023

Era il 1973 ed il cantautore americano Dr. John componeva una poesia funk “Right Place Wrong Time” che esprimeva questo stato mentale: “Ero nel posto giusto. Ma deve essere stato il momento sbagliato. Avrei detto la cosa giusta. Ma devo aver usato la battuta sbagliata. Ho fatto il viaggio giusto. Ma devo aver usato la macchina sbagliata.” Titolo funk e dall’intimo significato ripreso dai pugliesi Anuseye, al loro quarto album, che incentrano il loro ultimo progetto sul tema delle “rivelazioni”, delle manifestazioni, anche se non divine, di condizioni, eventi che portano alla luce nuove considerazioni del proprio essere. Un tema se vogliamo spirituale (concetto dell’epifania), onirico (‘Gente di Dublino’, James Joyce), che usa un solo mezzo: il viaggio. Il viaggio inteso come viaggio musicale! Ogni traccia ha il nome di una città, ogni città è un viaggio, ogni viaggio è una canzone, un mappamondo di suoni. La loro forza è proprio il loro animo kraut-rock, dall’essenza cosmica che utilizza più linguaggi, ormai fatti propri per comunicare, reinterpretandoli e sconfinando nell’eclettismo con un genere ibrido che tocca coordinate stoner, psych, heavy, come nei precedenti già preziosi tre album, ma arricchendosi di freschezza e arrangiamenti da supergruppo. Claudio Colaianni, cuore compositore, chitarra e voce, musicista da una vita (dal 1994, con i That’s All Folks, Colt.38, Moon’s Mallow), in ‘Right Place Wrong Time’, rende la sua voce seppur neutra, emotivamente perfetta ad ogni passaggio musicale (in “Odessa” ricorda Mark Lanegan); il basso onnipresente, spina dorsale del combo sonoro Anuseye, nella persona di Giovanni d’Elia, già dal 2018 (Karma in Auge), rimarca una delle componenti fondamentali del gruppo; la spigliatezza del batterista Cosimo Armenio (Bodah); la chitarra mai oscura e gli arrangiamenti maturi di Stefano Pomponio aka S.P.Jesus (That’s All Folks, Natron, Madre de Dios,); trasformano la band di Bari in una sorta di Them Crooked Vultures (Josh Homme, John Paul Jones, Dave Grohl, etc.) o di Master Of Reality (Chris Goss, Tim Harrington, Ginger Baker, etc.) italiani. Attacco da “Immigrant Song” per la prima tappa in Ucraina: “Odessa”; le manca l’urlo di Plant, ma la melodia perseguita dagli strumentisti Anuseye è addirittura più heavy (Soundgarden), con effetto da “Domino” (Master Of Reality) per l’effetto che ha il vocalist nell’integrarsi in un sound dalla spiccata attitudine western (ed io riapro il cassetto Mark Lanegan con “Hodpital Roll Call”). Seconda tappa in Portogallo con “Sagres”, composizione selvaggia, i cui bellissimi controcori sembrano vento di oceano. “Churcofchrist” è concettualmente lo spirito del disco, l’unica traccia non dedicata ad una città, ma ad un momento di rivelazione e alle sue conseguenze (la maggior parte delle persone teme le rivelazioni e trasforma la croce in una spada, dichiara il gruppo); potrebbe essere una traccia dei Queens Of The Stone Age, arricchita dal cambio di tempo sul finire che trasforma l’assolo di chitarra, in luce (belli i campanellini). “Bratislava” sembra il corto di un film, non è una traccia strumentale, ma non è nemmeno una canzone, sembra un passaggio inquietante ed obbligato nel corso del percorso di viaggio. Per poi trovare pace in Colombia, con il sound psichedelico e trascendentale di “Medellin”, melodia floydiana su atmosfere Sabbath, vocalist da Mats Leven (in veste Prins Svart) e quella cavalcata finale da coordinate NWOBHM, astuzia interpretativa degli Anuseye. Il secondo lato dell’album è continuo crescere esplorativo nel loro planeterio. La vivace “Vancouver” potrebbe essere una traccia dei Them Crooked Vultures. In “Kyoto” continua a sorprendere il tono neutro, ma fortemente coinvolgente di Colaianni, e la miscela caleidoscopica dei suoni che trasferisce all’ascoltare quel saper vivere tutto orientale. “Singapore”, con la sua linea di basso, ti ricorda la sua capacità introspettiva; lo ascolti e lui ti mette in comunicazione ogni cellula, risuona impertinente, frugando nelle tue orecchie come un’elica, disegnando continuamente cerchi concentrici. “Stockholm” chiude nel migliore dei modi questo primo viaggio: una sorta di attualizzazione velata da Ashbury (Endless Sky), per una musica senza tempo che trova negli arpeggi la meraviglia dipinta sul volto del turista che si fa travolgere come da un’epifania da un’illuminazione. Anuseye sono una bella realtà! Non fate il mio errore. Arrendetevi alla musica, alle infinite possibilità sonore che potreste cogliere nell’ascolto di questo album; non aggrappatevi all’idea di trovare per forza una similitudine. Godetevi il viaggio. Questa volta non dovrete preoccuparvi di prepararvi lo zaino. Nella versione digitale dell’album sono presenti tre tappe extra (Etiopia, Spagna e Germania). Album per gli ascoltatori che vogliono allargare i propri orizzonti.

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