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HAMMERFALL

Ad essere sincero, a priori, mi aspettavo di trovarmi tra pochi intimi ad assistere al concerto degli Hammerfall al Rolling Stone questa sera. Vuoi la crisi economica, vuoi l'affollamento di concerti di serie A, ben nove nel mese di Febbraio, o principalmente la contemporanea presenza a Milano, la stessa sera, del Priest Fest con Judas Priest, Megadeth e Testament; beh, per tutti questi fattori mi aspettavo decisamente un flop per questa data meneghina degli svedesi, ma... sorpresa! Il Rolling Stone stasera certo non è esaurito, ma il numero dei fans presenti è davvero di tutto rispetto. Sarà stata la mossa di mettere in vendita con largo anticipo i biglietti ad un prezzo scontato (per un certo periodo di tempo i tickets sono stati venduti a 10 euro) o l'eccessivo costo del Priest Feast, o ancora la simpatia per il combo scandinavo, che decisamente stasera non mi sento affatto solo al Rolling Stone. Ad aprire la serata ci pensano i Bullet, act dedito ad un heavy classico di scuola vecchi Judas Priest. Il loro set scorre rapido e piacevole, forte di canzoni carine e di un atteggiamento eighties che per la durata della loro esibizione stampa un sorriso di simpatia sui volti dei presenti. Il loro cavallo di battaglia "Bite The Bullet" chiude un'esibizione non trascendentale e che forse non verrà ricordata a lungo, ma che è ben servita da antipasto per ciò che verrà dopo. Secondi in ordine di apparizione sono i Sabaton, band dedita ad un power epic decisamente derivativo (chi non ha mai tentato di cantare "Wishmaster" sulla base di "Attero Dominatus"?) ma allo stesso tempo davvero gradevole. Il sestetto sale sul palco, allestito con una piccola scenografia, sulle note di "Ghost Division", opener dell'ultimo 'The Art Of War'. Dal punto di vista puramente visivo, la band è davvero pacchiana, però sa bene come muoversi sulle assi, ed il frontman Joakim Broden dimostra continuamente un carisma assolutamente invidiabile, ma è il lato musicale a fare colpo sui presenti, con una prestazione da parte del combo davvero maiuscola, precisa e potente. Tutti i pezzi da novanta della band vengono proposti, e sul pubblico calano in ordine sparso "Attero Dominatus", "Cliffs Of Gallipoli", "Panzer Battalion" e "Primo Victoria", prima che "Metal Machine", per l'occasione incorporante un accenno del chorus di "Metal Crue", metta fine alla battaglia. Concludendo, grande set, molto apprezzato dai presenti, e che ha lasciato soddisfatti e sorpresi anche i membri della band, che tramite il singer hanno più volte ringraziato i presenti per l'affetto ed il calore dimostrato e per aver scelto questo concerto e non l'altro ben più di richiamo. Cambio di palco ed ecco apparire (prima coperta) la grandiosa scenografia degli headliners, scenografia che richiama la città devastata dell'artwork dell'ultimo 'No Sacrifice, No Victory'. Giù le luci, e dopo un rapido intro, la band si presenta al pubblico, con il singer Cans (indossante un improbabile ed evidentemente ingombrante pastrano) ad entrare in scena per ultimo, curiosamente, con "Punish And Enslave", canzone che dal vivo, complice il pubblico, sostituisce il proprio coro ad un clamoroso boato. Subito si torna al passato, ed ecco la classica title track di 'Crimson Thunder', potente come al solito, seguita a ruota dalla nuova "Legion", canzone durante la quale, per la prima volta stasera, si mostra il nuovo sistema di laser che la band ha in dotazione per questo tour, laser che proiettano animazioni su di una leggera cascata d'acqua posta a centro stage. Cans prende la parola, e sfrutta il momento per ringraziare tutti i presenti per aver scelto, questa sera, gli Hammerfall invece del Priest Feast, e promette che nessuno avrà modo di pentirsi di questa scelta durante lo show. Si riprende alla grande con "Blood Bound" e la kitch ma acclamata "Renegade", prima di tornare al presente con "Hallowed Be My Name" e "Last Man Standing", al solito preceduta dall'intro "The Abyss", ma ovviamente l'applauso più grande della serata è riservato all'accoppiata "Heading The Call" e "Glory To The Brave". La strumentale "Something For The Ages" si rivela una vetrina più che efficace per presentare al pubblico i sostituti di Stefan Elmgren e Magnus Rosen, ovvero Pontus Norgren, ex The Poodles, che con Cans e compagni aveva già “toureggiato” in veste di supporting act per il Thresholds Of Europe tour, e Fredrik Larsson, primo bassista della band, che aveva lasciato subito dopo la release di 'Glory To The Brave'. Si riparte con "Any Means Necessary", singolo del nuovo album, e "Natural High", prima che "The Way Of The Warrior" riporti di peso a 'Renegade'. "Between Two Worlds" dal vivo si rivela abbastanza soporifera, ma per fortuna è seguita da "Riders On The Storm", che chiude prima dei bis. Acclamata a gran voce, ed accompagnata da simpatiche animazioni realizzate dai laser, la band torna sul palco per "Trailblazers", "Let The Hammer Fall" (prima della quale ecco altri ringraziamenti ai presenti) e la conclusiva "Hearts On Fire". Che dire per concludere? Serata divertente, con buoni suoni e buoni volumi, e con la sorpresa Sabaton, che dal vivo si sono dimostrati davvero potenti e convincenti, ed il bel set degli headliners, forse solo colpevoli di aver deciso per una setlist decisamente sballata, con troppi brani secondari a togliere spazio ad "Hammerfall", "At The End Of The Rainbow", "Legacy Of Kings" e "Templars Of Steel". Forse al PalaSharp ci si sarebbe divertiti di più, o di meno, ma perchè chiederselo?

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