WOTAN: CARMINA BARBARICA
data
11/08/2004Sono in giro da 15 anni i Wotan, 15 anni dedicati al culto dell'heavy metal più ortodosso e battagliero, 15 anni che hanno fruttato appena due demo e che vengono celebrati degnamente soltanto ora, nel 2004, con questo "Carmina Barbarica", che più che un disco è una sorta di best of di quanto prodotto dalla band in questa lunga carriera. L'epic metal proposto dalla band è estremamente ortodosso e fedele alla formula adottata dai Manowar in "Into Glory Ride", "Hail To England" e "Sign Of The Hammer": nessun abbellimento, riff quadrati ed essenziali, batteria rigorosamente ridotta all'osso. I Wotan puntano tutto sulla forma canzone e sull'efficacia delle linee vocali, che grazie alla bella voce di Vanni (molto particolare, interpretativa e adattissima allo stile), risultano quasi sempre convincenti. L'unico arricchimento presente sono i cori, a dire il vero uno degli elementi più affascinanti del disco. A dir la verità non vedo come i nostri possano essere in alcun modo accostati ad altre band che non siano i Re del Metallo: in giro si parlava addirittura di Cirith Ungol e Manilla Raod... e citando Abatantuono posso solo dire "maddove? maddove?", i Wotan rimangono una band devotissima ai Manowar: non che sia un male, ma gli elementi di oscurità dell'epic metal più torvo delle band succitate sono del tutto aliene dal sound dei nostri compatrioti. Il problema di questa forma è che l'eccessiva semplicità della parte strumentale rischia di sconfinare nella banalità, e in questo senso la lunghezza del disco non aiuta, visto anche che il mood dei brani è quasi sempre lo stesso, sangue/onore/acciaio celebrati in una formula che senza dubbio può piacere ma rischia di annoiare. Certo, l'appeal barbarico del disco (e in questo senso è stata fondamentale la produzione del buon Deathmaster, leader dei Doomsword) è gradito e godibile fino in fondo, ma molti brani del disco risultano decisamente fiacchi e sottotono, anche abbastanza inutili come "Wrath of North", "The Cave" o "Ride Of Templars". E questo è veramente un gran peccato, perchè tagliando tre o quattro di questi brani, "Carmina Barbarica" sarebbe stato un gran disco, magari non personalissimo ma in grado di contare su molte buone canzoni e su alcuni anthem davvero pazzeschi. Ad esempio l'iniziale "Lord Of The Wind" sembra veramente uscita da "Sign Of The Hammer" (e checchè ne diciate, ragazzi, sono poche le band a seguire davvero le orme di QUEI Manowar), un grandissimo inno dalla velocità sostenuta e dal memorabile chorus. Segue "Under The Sign Of Odin's Ravens", un mid tempo veramente affascinante sulla scia di "Secret Of Steel", così come lo è la bellissima "Innoxia", dedicata all'epopea di Vercintorige e affascinante soprattutto per il mood tragico ma tesissimo che riesce a ricreare tramite bellissimi cori e melodie vocali incredibilmente azzeccate... d'interesse storico anche il capolavoro del disco, una "Thermopiles" che veramente ci riporta nei ranghi della falange spartana! Altri brani come "Black Conqueror" o "King Of Crows", pur non arrivando all'eccellenza, si candidano come ottimi episodi di epic metal veloce e potente, ma la vera genialata del disco è per me rappresentata dalla magnifica "Hussard De La Mort", in cui si alternano strofe aggressive a un bellissimo, monolitico e cadenzato ritornello in cui Deathmaster partecipa ai cori, creando un brano di incredibile semplicità ma efficace come pochi! Insomma, "Carmina Barbarica" è un disco che farà la gioia di chi è cresciuto a pane e Manowar, ma lascerà anche tanto amaro in bocca perchè è rimane un "best of" in cui i brani sono abbastanza scollegati tra loro, e in cui la qualità è troppo altalenante per convincere appieno. Davvero un peccato, spero che in futuro la band si concentri su quello che veramente sa far bene, perchè di buone canzoni ce ne sono eccome!
Commenti