SAVIOUR MACHINE: LEGEND PART II
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24/08/2003La seconda parte di "Legend" si presenta più ostica rispetto alla prima, ed a ben vedere visto che il concept sul libro dell'Apocalisse è arrivato all'avvento dell'Anticristo, al suo dominio sulla terra per i finali sette anni prima del riconoscimento di Cristo da parte dell'umanità. Praticamente i primi otto brani fungono da unica song suddivisa in diversi movimenti tutti legati tra essi, non un secondo di pausa tra un brano e l'altro. Il sound si trasforma ancora una volta pur sempre avendo un punto fermo di riferimento, quello tipico della band, teatrale, oscuro e drammatico. Qui diventa più sintetico, freddo. La chitarra quasi del tutto scompare, posta in sottofondo come un gelido guaito che tenta di farsi sentire ma impedito da una oppressione debilitante, e cede il posto ad un programming chirurgico che musica, con tutto spietata precisione, il terrore della narrazione. Una prima parte del disco da ascoltare con nervi saldi, attenzione, mente vuota, in quanto una sola breve distrazione potrebbe compromettere l'intenzione della band di seminare spavento e confusione. E direi che, anche se non ai primi ascolti(la pazienza è messa a dura prova), il risultato è davvero quello sperato. Trascorsi i primi otto brani, con l'arrivo della traccia "Behold a pale horse"(anche, poi, singolo), si inizia a respirare e ad intravedere un po' di luce, una luce che fino alla fine del disco si trasforma in ombra per poi ridiventare luce, si alterna in chiaro-scuri e ritorna ad essere ombra e poi luce ancora. La prestazione di Clayton non potrebbe non diventare più estrema, meno lineare, meno impostata su tonalità piene e più urlata, come a capo di un esercito in lotta per sconfiggere il male si disperasse per le perdite, per le battaglie perse, e per le vite umane non riuscite a salvare. Ancora un disco capace di rendere al meglio il tema trattato e con una padronanza, una sicurezza, ed una cura maniacale per gli arrangiamenti tali da risultare anche fin troppo perfetti. Ma è un rischio che la band può permettersi è che riesce ad evitare con la consueta classe e la profonda conoscenza della materia trattata. Un'altra prova da annoverare negli annali dei dischi "capolavoro".
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