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MY DYING BRIDE: A LINE OF DEATHLESS KINGS

data

18/12/2006
63


Genere: gothic/doom
Etichetta: Peaceville
Anno: 2006

'A Line of Deathless Kings', nono album in studio per i doomster gods inglesi My Dying Bride, è uno di quegli album su cui è facile puntare per avere una vincita sicura, dato che o si ama o si odia, senza apparentemente alcuna via di mezzo. Innanzitutto è bene far notare che l'ormai storico batterista Shaun Steels ha abbandonato il suo posto per non meglio noti problemi fisici in favore di tale John Bennett, che a dire la verità non fa rimpiangere per nulla il suo predecessore, specialmente tenendo conto delle ultime produzioni del gruppo. Musicalmente parlando invece dopo un album come 'Songs Of Darkness, Words Of Light' sinceramente avrei pensato ad un progressivo ritorno verso le sonorità dell'esordio, per lo meno con qualche elemento di death metal in più; invece con mio sommo rammarico, oltre a non essere presente niente di tutto ciò mancano anche le varie parti atmosferiche che comunque avevano reso interessante l'album precedente, o laddove sono presenti non riescono a catturare l'ascoltatore. Qualitativamente parlando siamo di fronte ad un classico album dei MDB, quindi è lecito aspettarsi alti standard su tutto, ma quello che manca è il groove dei singoli pezzi, perché quest'album effettivamente nel complesso è un buon album, ma prese singolarmente le varie canzoni mancano di mordente, a parte qualche caso (su tutti la conclusiva "The Blood, The Wine, The Roses" che nell'ultimo minuto presenta addirittura una sfuriata death/doom degna dell'album d'esordio. Tutto ciò però no nattacca. Ascoltanto più e più volte le varie composizioni, invece di conquistarmi mi hanno fatto sorgere l'idea che possano essere state scritte quasi controvoglia o peggio senza ispirazione, puntando su standard già vagliati e strautilizzati in passato, senza avere la voglia (o la possibilità) di provare ad osare qualcosa di nuovo o anche solamente qualcosa di vecchio. Ovviamente da qui ad affermare che si tratti di un passo falso del gruppo ce ne vuole, per il momento mi limito a dire che 'ALODK' non mi ha soddisfatto davvero e anzi lo considero il punto più basso della discografia del gruppo dai tempi di '34.788%... Complete' (1997).

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