MANOWAR: HAIL TO ENGLAND
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18/09/2003Con il precedente "Into Glory Ride" i Manowar avevano insegnato al mondo cosa fosse l'Epic Metal: atmosfere ora oscure ora solari accomunate da un'angosciosa sensazione di battaglia e da un feeling mitologico fuori dal comune. E con questo "Hail To England", la musica si fa ancora più battagliera, ancora più concreta, ancora più sanguinosamente, fottutamente, metallicamente epica. Questo secondo capolavoro targato Manowar nasce proprio dall'incontro tra la sontuosità evocativa di "Into Glory Ride" e l'inarrestabile irruenza del metal di scuola più classica: una formula indubbiamente vincente, e che soprattutto dà inizio a quelli che saranno i Manowar noti a tutti, amati e odiati, ma incontestabilmente in grado di farci sentire tutti fieri e orgogliosi di vivere con il cuore e con l'anima questa musica. Stavolta il sound è decisamente più curato, ma non per questo più raffinato o innaturalmente "patinato": ci sono ancora echi e riverberi, oltre a distorsioni eccessive e non sempre ben bilanciate, ma tutto questo è ben studiato per catapultarci ancora una volta nel mondo dei Manowar, insanguinato stavolta come non mai. L'impatto sonoro è infatti maggiormente aggressivo, grazie al solito chitarrismo personale e selvaggio di Ross the Boss che lascia le compattissime ritmiche al basso tellurico di Joey deMaio, e a un drumming sempre più travolgente e belligerante. Eric Adams come sempre si adatta al contesto fornendo una prestazione vocale più arrabbiata e feroce, per poi sorprenderci come solo lui sa fare nei momenti di epos più corale e grandioso. Ancora una volta, grandissima musica e gradissime emozioni, e ovviamente grandissime canzoni. "Blood Of my Enemies", storica opener ancora presente nel live set della band, ci scatena addosso un riff che richiama alla battaglia tanto è epico e devastante, e i cori vichinghi del chorus completano il lavoro. Arrivano poi la cupa "Each Dawn I Die" (lezione di dark epic metal in pieno stile Manilla Road), l'anthemica e travolgente "Kill With Power", vero simbolo della band, la sontuosa e gloriosa title-track, e l'altro indimenticabile metal anthem "Army Of The Immortals", forte di un ritornello più azzeccato che mai e di uno dei riff più belli di Ross, che qui ha mano libera anche in una serie di assoli in pieno stile Manowar, aggressivi e laceranti. Dopo il risibile (ma aperto dall'indimenticabile atto di fede della perpetua guerra contro il False Metal) intermezzo rumoristico "Black Arrows", si chiude con la sabbathiana e sulfurea "Bridge of Death": la narrazione di un patto con il demonio, musicalmente narrata nel migliore dei modi, attraverso un'oscura epicità degna dei Cirith Ungol più posseduti: impossibile non lasciarsi trasportare lungo il gelido e terrificante panorama che circonda il ponte della morte, dove Satana stesso ci attende in una terrorizzante e agghiacciante canzone che ancora una volta testimonia la grandezza di una band che ai suoi esordi rappresentava il meglio offerto dall'epic metal.
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