HAKEN: Virus
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22/06/2020Questo nuovo album degli Haken esce con un titolo certamente infelice considerando il periodo, ma chiaramente affatto allusivo, dato che era stato preventivato parecchio tempo prima che scoppiasse la pandemia. Strettamente correlato al precedente 'Vector' dal punto di vista concettuale, presenta tuttavia alcuni aspetti differenti rispetto a quest'ultimo sotto il profilo musicale. Il precedente lavoro, infatti, era un disco tendenzialmente duro, ma che spaziava comunque su sonorità alquanto varie: su 'Virus' la band riprende quest'aspetto, che viene però esaltato in maniera esponenziale, denotando indubbiamente il desiderio di esplorare nuovi territori. Senza voler esagerare, possiamo ritrovare così nel disco influenze di band come Fear Factory, Elbow, Radiohead, A Perfect Circle, pur rimanendo nell'ambito di un solido impianto progressive: non mancano tuttavia inserti elettronici, passaggi soffusi o atmosfere malinconiche, che rendono l'idea della voglia di sperimentare del gruppo. Ad essere sinceri, in verità, quest'approccio non ci ha particolarmente entusiasmati: c'è chiaramente una notevole cura dei dettagli e uno sforzo compositivo non indifferente, però i risultati non sembrano reggere il confronto con i capolavori della band in maniera del tutto convincente. Spicca comunque nella tracklist sicuramente la suite "Messiah Complex", suddivisa in cinque parti, che vede il suo culmine nella quarta parte, intitolata "The Sect", un pezzo assolutamente geniale, con inserti di effetti sonori che rimandano alla mente videogiochi d'altri tempi. In evidenza anche "Carousel", mentre l'opener "Prosthetic" è quella che presenta probabilmente il refrain più accattivante. Da menzionare altresì "Canary Yellow", la canzone dove il combo britannico sembra maggiormente voler esaltare questo suo lato più maliniconico ed introspettivo, con Jennings che canta per quasi tutto il brano in falsetto, ma da parte nostra non possiamo dire che siano questi gli Haken che preferiamo. Un album, dunque, in cui la band non viene meno agli standard qualitativi a cui ci ha abituati, ma che allo stesso tempo appare caratterizzato in parte da luci e ombre.
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