DIMMU BORGIR: IN SORTE DIABOLI
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27/04/2007La tremenda macchina da soldi norvegese della Nuclear Blast ritorna a mietere verdoni. I Dimmu Borgir ormai da anni non sono più da relazionarsi al contesto BM, hanno già da molto abbandonato qualsiasi legame tecnico/musicale con tale genere per approdare ad uno stile ben definito e molto personale, che potrà sicuramente piacere o non piacere (come la grigliata di pesce-ratto di Filini) ma che comunque andrebbe perlomeno rispettato o quantomeno valutato imparzialmente. I Dimmu Borgir del 2007 sono esattamente quello che ci presenta 'In Sorte Diaboli': un album dalla grande qualità, dove niente è lasciato al caso o dato per scontato. Sicuramente il fatto di poter contare, da 10 anni ormai, sul più grosso nome in Europa (e probabilmente nell'intero universo) in fatto di labels ha decisamente permesso allo squadrone norvegese (in questa occasione norvegese al 100%) di poter effettuare le cose in grandissimo stile. Purtroppo siamo alle prese con qualche problemino di line-up, in seguito all'abbandono (forzato) di Nicholas Barker sostituito in questa occasione da Jan Axel Von Blomberg, meglio noto come Hellhammer (Mayhem, Arcturus, The Kovenant); un altro dettaglio che va subito notato è il fatto di aver dotato tutti i titoli delle canzoni di tre parole, delle quali la prima è sempre l'articolo THE (di tre lettere), per un totale di nove canzoni. Un'interessante specchiettino per le allodole per chi ancora spera di poter "recuperare" i Dimmu Borgir all'ala più Nera del BM.... Blast beats di chiara matrice black, sfuriate velocissime fra thrash e death, assoli di classica e metallica memoria (ottimo Galder come sempre) con le voci di Shagrath e ICS Vortex (clean vocals) leggermente in secondo piano rispetto al fluire delle parti strumentali e le tastiere di Mustis, che svolgono ancora un ruolo essenziale nell'economia del sound, sebbene il loro peso sia stato comunque ridimensionato a favore di chitarra e batteria, che ritornano prepotentemente in pimissimo piano. Questi sono gli ingredienti del disco che, come avrete facilmente intuito, sono gli stessi degli ultimi tre album. Vi sono alcune interessanti autocitazioni dal passato, delle quali la più vistosa ed evidente è "The Sacrilegious Scorn": vi sfido ad ammettere che non vi tornerà in mente l'attacco della vecchia "Mourning Palace"! Artwork e impacchettamento un po' pacchiani ma che comunque rendono il prodotto ottimamente valevole del suo prezzo di listino fanno da pelle esteriore ad un disco che non inventa nulla, non ci presenta un gruppo "diverso" nelle soluzioni, ma che comunque fa bene quello che ha imparato a fare negli ultimi 11 anni, e cioé produrre musica. Niente di più, niente di meno.
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