BORIS: Flood
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31/01/2010Note secche e decise, riecheggiano nell’aria. Improvvisamente quest’eco viene disturbato da rumori lontani. Quasi come un gigante distrugga il creato con le sue enormi pedate sulla terra. Le note, gli accordi, si fanno forti, gli echi più assordanti, ma nonostante questo, ascoltando il primo quarto d’ora di Flood, l’esperienza di stare ad ascoltare un violento silenzio, è particolare. Un trip da fare. Sembra quasi di trovarsi dinanzi un disco di post-rock, ma credo che ciò che avverrà nei minuti a seguire, sarà sicuramente una possente scossa di quelle a cui i Boris ci abituano da anni. Improvvisamente la batteria scandisce un tempo debole ma marziale. Strano a dire per questa band, ma la prima scarsa mezz’ora, è molto ridotta all’osso. È un’atmosfera soffusa che ci fa compagnia, contornata da una chitarra dal semplice piglio rock, che non fatica dopo un po’ di tempo, a scandire una metrica più lacerante, e infine sottomessa, quasi smorta. I Boris stupiscono, ma lo fanno in un disco che è da capire e apprezzare senza fretta: come spesso accade, lo skip, la voglia di parti “heavy” e altri elementi, non permettono un attento ascolto, e si rischia di far diventare un bel disco, un’opera fiacca…che in realtà non è. E non è il caso di Flood.
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