AT VANCE: THE EVIL IN YOU
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12/03/2005Ritrovarsi tra le mani un disco come questa ultima fatica degli At Vance, che ttinge corpo e mente da band e personaggi più blasonati della scena metal, è un po’ come ripercorrere una vecchia strada di quando si era bambini e ritrovare, oggi, le stesse case, gli stessi alberi, ma ritinteggiate e ristrutturate le prime e magari più alti e possenti i secondi. Pochi ritocchi al paesaggio(nuove abitazioni o qualche struttura pubblica) e la visione che si ha di The Evil In You risulta ben definita anche subito dopo pochissimi ascolti. Lette queste poche righe, magari, qualcuno potrà storcere il naso credendo di trovarsi a leggere le fisime del beota di turno(più amorevolmente “trombone”), che cerca di interpretare cosa ci sia dietro le note o le intenzioni(quando il più delle volte c’è solo la voglia di suonare la musica che più piace) invece che parlare di musica, cioè di quella strana mistura di suoni che viene fuori dalle casse dello stereo quando si schiaccia il tasto play, e che spesso viene lasciata in secondo piano per dare spazio ai propri rasponi mentali. Uno strano suono che motivi di esistere ne ha tanti quanti potrebbero essere, numericamente, le parole usate per descriverlo. Ed un goccio di attenzione lo merita anche il quintetto in questione che, effettivamente, nulla ha da ggiungere a quanto già detto finora, ma perlomeno non risulta né stucchevole né laccato, o tirato a lucido per raggiungere quel determinato, prestabilito numero di copie. Si, c’è onesta in questo lavoro, avete ben compreso. Onestà non da mestierante ma da appassionati. Anzi, diversi sono gli spunti che alacremente superano le ispirazioni: Streets Of My Dreams farebbe rabbrividire Timo “Polpettone al forno con patate” Tolki tant’è la grinta e la determinazione con cui il brano si dipana. Merito principale spetta soprattutto a quel Mats Leven dietro al microfono, una delle voci svedesi e non più eclatanti e storico frontman che ha prestato le sue grazie a diverse band come i dimenticati Treat oppure ad Yngwie “Polpettone con burro e salvia” Malmsteen, forte di una timbrica caldissima e che sa essere incazzata quando la song lo richiede. The Curtain Will Fall, invece, è uno dei migliori episodi, riprende temi degni di quel capolavoro a nome i>Odissey e le ricama su di un drappo melodico che a fatica riuscirà a non ammaliare. Non manca la classica ballatona, che per struttura e titolo(Shining Star) più classica non potrebbe essere, ed infaticabili romantici e cuori in attesa di occupazione troveranno tutta la linfa necessaria per alimentare i propri sogni o rimpianti. …che la conclusiva(e molto bella) Princess Of Ice possa mai suggellare il giusto riconoscimento alle loro pene? Si, avete ben compreso, c’è della musica(e tutte le sensazioni che ne conseguono) in questo cd.
Strano ma vero.
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